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VIAGGIO AL TERMINE DEL KHMER

Questo è il mio ultimo viaggio al termine del fiume Khmer. Ho smesso di combattere da 3 anni e non mi hanno ancora trovato. Sono nella foresta. La foresta è dentro di me. L'acqua in questo momento scorre limpida. E, senza parlare di me, sento sollievo. Sto costruendo la mia anima, giorno dopo giorno. L'anima richiede attenzione, amore, apprendimento. Non penso più che tutto sia concentrato nell'essere umano. Quante volte siamo stati traditi dalla vanità? Ho attraversato il mondo come un cacciatore tribale, o un cercatore d'oro. A che serve tutto questo? Ciascuno un destino, una parte assegnata. Scelte facili o difficili, felici o infelici, giuste o sbagliate, fatte o subite. Ed il più bravo era quello che sbagliava di meno. Purtroppo, sovente, con il senno del poi. Soffriamo perché siamo vittime di illusioni e false apparenze. E ci troviamo a galleggiare sul mare dell'essere come relitti di un naufragio. Ma il dolore fa parte dell'essenza. Come ne fa parte il piacere. E le ferite della vita vogliono dirci qualcosa, se potessimo ascoltare il loro messaggi! Cicatrici, ferite, che segnano la nostra vita. La vita non è facile. Perché dovrebbe essere facile? Serve pratica, ogni mattina, fare qualcosa con dedizione e regolarità, senza aspettarsi che sia niente di importante. Ma lo si fa. Già esserci è l'80% del lavoro. Ma che si senta una necessità, una PASSIONE, lasciando perdere il giudizio degli altri o delle nostre voci interiori. La vita non è facile ma è anche bella, per chi sa scorgere il piacere. Bisogna attraversare il mondo. Non conoscere il nostro destino ci impone di vivere ogni momento, non possiamo conoscere la vita prima di averla vissuta. Forse, per questo, lo scopo principale della VECCHIAIA è voltarsi indietro per dare a ciò che è accaduto la forma di una STORIA, senza dimenticare il passato, ma neanche nascondersi nel passato. Ma come si fa a vivere nel presente? E' difficile perché guardiamo sempre avanti e guardiamo indietro. Ma è il presente che si estende in avanti ed indietro. Il presente è il punto d'incontro di più fiumi. La vecchiaia è la manifestazione del carattere, occorre tempo per separare l'essenziale dal non- necessario. L'invecchiamento è un processo di scarto. La vecchiaia prepara alla forma pura. Ed è in forma di immagine che perdura la nostra vita, oltre la vita. Restiamo un'immagine nella vita dei nostri discendenti, e dei nostri amici. Restiamo un'immagine nella storia del nostro mondo. E' tutto quello che resta. http://www.youtube.com/watch?v=DmsUlTsJE2Q

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LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

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CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

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(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e