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Avevo pensato di ammazzarmi

"Avevo pensato di ammazzarmi se fosse andata male scuola. Ma non era la scuola, era per fargliela pagare ai miei. Quando ci si ammazza è sempre per farla pagare a qualcuno. Anche le mie amiche non si sentivano capite, tra di noi lo dicevamo sempre: sì è vero siamo viziate, ma ci avete fatto voi adulti così, e comunque sono i grandi i primi a non parlare coi bambini. Io da piccola avrei parlato per ore, e intere nottate, ma mia madre aveva da fare, o piangeva, e mio padre non c'era mai per il lavoro. Poi dicono che una si chiude. Certo, ma se quando tu apri la porta, loro te la sbattono in faccia, è normale che poi resti dentro con i tuoi problemi, che si gonfiano e ti schiacciano sempre più.  Mi avvicinai alla finestra studiando come fare per non ferirmi e basta. Sai che beffa poi sulla carrozzella, schiava a vita dei miei genitori. Dicevate a me che ero sempre distratta, e invece voi? Dove eravate? Perché mi avete fatta? Per parcheggiarmi poi al parcheggio della vita? Ma perché uno fa i figli se prima non ha risolto i cazzi suoi? Dicevate che io ero viziata, ma poi assecondavate il vizio mio, le borse e l'iphone e bla bla. Ed io lo giuro, avrei voluto solo parlare ed anche ascoltare. Eravate voi più fragili di me, io ci ho pensato a lungo, il vento mi soffiava strani pensieri caldi alla finestra, ma io ho pensato che forse dovrei starvi un pochino più vicino cari genitori, dovrei ascoltarvi di più, guidarvi nel mondo, anche se ho solo 16 anni. Mamma tu che sei depressa per una vita mal spesa, papà, tu sei che sei sempre incazzato per una carriera che non sale come vorresti, cari genitori, volevo ammazzarmi, ma ho deciso di aiutarvi, ma quando torno a casa abbracciatemi forte forte e se piango, ve lo spiegherò dopo dopo il perché". (A. Battantier, Memorie di un adolescente, 2014).


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LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

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CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

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(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e