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BAMBINI E LA TECNOLOGIA. TORNIAMO A RACCONTARCI LE FAVOLE?

I BAMBINI E LA TECNOLOGIA. TORNIAMO A RACCONTARCI LE FAVOLE? "Ho portato avanti una battaglia da solo. Mia moglie, gli amici di famiglia, i nonni, e tanti, tanti, altri genitori. Smartphone e tablet, una lotta impari in questa società devastata dalle scorciatoie più semplici, infingarde e pericolose. So che questi strumenti possono essere d’aiuto nel processo educativo ma servono regole, altrimenti è solo tossicità. Vedermi portare via l'anima di mio figlio da un cellulare, nelle poche ore che avevamo per stare insieme, era devastante. Mia moglie ed io ci siamo separati presto. Ricordo che mio figlio Tommy, veniva ipnotizzato dai video YouTube quando non aveva neppure 1 anno. Io mi opponevo ma, lavorando tutto il giorno, mi ritrovavo a sera con 2 automi: mio figlio con i video dello zecchino d'oro, mia moglie alla TV. Mi diceva: “poverino, è per farlo mangiare....per farlo distrarre...così impara le parole...”. Era contenta, io sembravo un troglodita, loro invece erano la nuova razza digitale....di rincojoniti.  È che ai genitori spesso piace vincere facile, non vogliono fastidi, ed allora accontentano il piacere immediato. Non sanno che tutto questo si paga. Io ho pagato per essermi ribellato troppo tardi. Ho capito, anche leggendo libri, che mica è un peccato mortale far piangere un bambino. E soprattutto, quanti modi affascinanti esistono per stimolare un bimbo? Tantissimi, quanti ne contiene la nostra infinita fantasia. I bambini hanno bisogno di esplorare il mondo, ma il mondo vero, da toccare, non touch, ma proprio toccare: toccare il fango, i legni, le pigne, i sassi, i gatti, la polverina dei raggi di sole. Mia moglie e i nonni facevano addormentare Tommy con la musichetta di Topolino su YouTube. Io leggevo le favole, mi guardavano come fossi antico, vecchio, superato. Però Tommy quando leggevo la favola mi stringeva la manina, fino a lasciarsi andare dolcemente al sonno. Il cellulare invece veniva lasciato sul comodino anche per 3 ore, e se lo si toglieva, Tommy si svegliava di colpo isterico. Del resto, come si fa a vietare i cellulare ai piccoli se i grandi ci stanno sempre? È come quando un genitore vieta ai ragazzi le sigarette e gliene parla male, mentre gli fuma in faccia. È che manca la coerenza. Io ci ho provato, è stato faticoso, ma vi giuro, alla fine, la coerenza e l'ostinazione con i nostri piccoli paga sempre. Vi abbraccio, buon lavoro di disintossicazione e amore nuovo". (Memorie di una dipendenza, A. Battantier, 2017, Lorenzo F., un papà che porta il figlio nel bosco).

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SPESSO IL PUNTO DEBOLE DI UNA PERSONA È SEMPLICEMENTE UN'ALTRA PERSONA

"Ci piaccia o non ci piaccia, l'Altro ha un altro Altro. Talvolta giungiamo a vederlo, ma ci vogliamo illudere che sia sempre lo stesso.  E invece è l'Altro dello Stesso.  Ma lo Stesso non è più lo stesso.  È anche qualcos'altro: l'Altro.  Questo vale anche per noi, ci piaccia o non ci piaccia". (M. Thompson Nati, Paradoxes of ego,1995) "Tu hai ciò che sei.  L'essere si può modificare.  Non farti portare dai tuoi sogni.  Conduci i tuoi sogni alla realtà del tuo essere" (Lao Bu Shem)

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio

(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e