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LA SPERANZA E L'ASPETTATIVA

LA SPERANZA E L'ASPETTATIVA. "Non che io avessi chissà quante possibilità, però, che vi devo dire, ci speravo, ecco tutto. La speranza è sempre l'ultima a morire. L'aspettativa, invece, la penultima o la prima: dipende se sei ottimista o pessimista. O ingegnere. Insomma, stavo al bar, sotto alla finestra della nonna di Giada. Alla mia seconda birra. Lei suonava ancora il piano. Sarebbe scesa? Erano 3 anni che non ci vedevamo. La lettera l'aveva ricevuta la mattina. Ma continuava a suonare Chopin, non tirava di lato la tenda che dà sul balcone di piazza, neanche un pezzetto. Quando ci eravamo appena conosciuti, lei mi sbirciava al mio passaggio di vasca lungo il corso. Passavamo, tutti gonfi, artefatti e ingalluzziti. Martino, Geremia, io e gli altri. Quella sera la speranza in cuor mio c'era. Ma la speranza, nel termometro del sentimento, è poca possibilità. Non prendiamoci in giro. Erano passate già 2 ore. Lei aveva smesso di suonare da almeno 1 ora. Giada non stava scendendo affatto. Quinta birra, o settima, chissà!? Aumentavano le birre, a compensare l'affievolimento della speranza. L'aspettativa si alzò quando Geremia mi strattonò facendomi cadere braccio e mento sul ferro del tavolino: "Dai Andre, vieni via, tanto se non scende oggi, scende domani, ma solo se vai via senza guardare su. Andiamo a fare il bagno alla Conca, c'è la luna piena". Poiché Geremia studiava ingegneria meccanica, programmava e controllava le aspettative di un mondo prevedibile. Ma io, all'amico ingegnere, preferivo imbracciare l'artiglieria leggera della speranza, coi suoi doni attesi in relazione all'ingenua incredulità del devoto. Lasciai gli amici andare a far tuffi pazzi notturni. Io rimasi  al tavolino. Lei non scese quella sera, né la notte. Quanto a me, svegliato dall'Ape dei netturbini, mi tirai lentamente su, sospinto da una forza inaspettata. Andai al porto a guardare il primo sole. Piansi con un sorriso. Poiché io avevo vinto, scegliendo la speranza all'aspettativa. Ve lo posso dire, anni dopo. Fu la mia speranza, pur se mal riposta, a farmi ripartire con animo lieve verso una vita di sogno. Occupate la vostra realtà con i vostri sogni". (Memorie di un amore, A. Battantier, 1987). #miplab #memoriediunamore

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LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

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CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

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(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e