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NOI SIAMO SCIENZA, MICA POESIA

NOI SIAMO SCIENZA, MICA POESIA. "Harry Frederick Harlow (Fairfield, 31 ottobre 1905, Tucson, 6 dicembre 1981).
Di me che posso dire? Che sono uno stronzo. Mi sono fatto psicologo per capire come fosse possibile la mia sofferenza. Non mi sono mai sentito amato, epperò ho iniziato a provare godimento nel togliere l'amore anche agli altri. Mi hanno dato un certo potere all'università del Wisconsin e, forse il mio capolavoro sono proprio le ricerche sull'affettività. Conducendo esperimenti su scimmie Rhesus ho dimostrato che l'attaccamento infantile tra la madre e il figlio è connesso a sensazioni tattili. Roba forte vero? Sì certo, forse ci sarà stato pure qualche problema di etica, ma a me interessava l'aritmetica, i numeri, la statistica. Volevo diventare famoso togliendo amore a chi amore aveva. Del resto, mal comune mezzo gaudio. Abbiamo isolato cuccioli di scimmia due ore, poi due giorni, poi due settimane, poi due mesi, alla fine due anni. Volevamo indagare fino a che punto arrivava l'amore di una madre per un figlio e di un figlio per una madre. Li avremmo isolati anche vent'anni, ma questi bastardi crepavano prima. E già, perché l'isolamento provoca depressione e  gravissimi disturbi mentali a causa dello stress. Un conto è immaginarlo un conto, è la ricerca scientifica, non trovate? Del resto noi siamo scienza, mica poesia". (Memorie di un animale, A. Battantier, 2016, Harry Frederick Harlow). #memoriediunanimale #memoriediunamore #millopegelememoriedellaterra #battantier #andreagiovannibattantier #modelloidealedifamiglia #modelloidealedipersona #miplab 

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LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

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CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

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(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e