Passa ai contenuti principali

IL SOLE FACEVA L'AMORE CON I GIRASOLI

IL SOLE FACEVA L'AMORE CON IL GIRASOLE

La rocambolesca vita di Manlio De Preti: antifascista della prima ora, prende coscienza negli anni e matura la sua scelta di clandestinità e lotta. A Civitavecchia incontra il suo grande amore e riesce a fuggire con lei in Francia. Da  lì poi in America. Iniziano a farsi una vita, ma tornerà in Italia da soldato, sbarcando ad Anzio. In questa poesia una sintesi dei loro tre periodi storici più importanti: 1925, 1935, 1945. 

IL SOLE FACEVA L'AMORE CON IL GIRASOLE

Me ne stavo solo,
a scrutare il male
su di una collina in fiore.
Dal molo 3 salpavano
le odiate navi alla guerra. 

Persi la gola a gridar la pace.

Tu ti avvicinasti e mi dicesti: 
Andiamo a fare un giro?

Se gioia può essere, 
era in quelle mani calde 
perdute tra i campi. 
Il sole faceva l'amore coi girasoli
E noi tra noi.

Poi,
ridendo scendevamo ai moli 
a far mangiare ai pesci fiori di loto.

E sulla soglia di casa mi dicesti: 
Portami con te in Francia.

Volevo il cuore slegato, 
eppure fosti tu a liberarmelo.
Stava sorgendo una nuova era.

Migranti innamorati,
in Francia e all'America andammo:
Il Moro e la bella Gelsa, 
l'Orso e la Gatta.

I morsi del gelo ci trovarono 
ancor più vicini nella stiva.
E quando ti dissi: 
Qui me moro!

Stringesti forte la mia faccia 
con le mani 
e sussurrasti: 
Zitto scimunito, il Moro non more!

Moro si riprese 
e lasciammo le orme 
sul fango americano, 
la piazza gremita, 
valigie, 
libertà. 

Migranti, 
mangiammo mele per mesi, 
e patate.
Divenisti moglie 
ed imparammo rime nuove.

Meglio lottare 
che sgolarsi per la libertà.
Ripartii soldato d'oltremare.

Tu restasti a vendere segale.
A me orso regalasti la voglia di vivere.
Ho serbato nel taschino 
la tua foto e il tuo biglietto:

"La  prossima volta parliamo ancora 
e ascoltiamo i respiri e giochiamo all'amore. Il tempo fugge ma noi saremo veloci e bravi nell'amarci in ogni istante del viaggio".

Bisogna reagire per cambiare.
Regalare sorrisi,
ma vendere cara la pelle
a chi libertà mette al rogo.
Il re muore se lo uccidi.

Ci ritrovammo 3 anni dopo.
E un tè alla menta 
divenne il nostro appuntamento 
con il tempo.

Siamo liberi di tuffarci nel mondo.
Sarà questo il nostro conforto.
Il mondo poco se ne importa
coi viluppi suoi d'ipocrisia,
distratto da mille attenzioni inutili.
E da fatiche inopportune.

Ma quando verrà il giudizio
noi ci saremo presi il vizio 
di restare al porto 
con un tè alla menta.
Senza più fretta alcuna.
Ci guarderemo il mare negli occhi.
Ci asciugheremo le lacrime di salsedine.
E il tuo sorriso bello sul viso. 

Parlami ancora,
ascoltiamo i respiri,
e giochiamo all'amore. 
Il tempo fugge 
ma noi saremo veloci e bravi
nell'amarci in ogni istante del viaggio.

(A. Battantier: M. De Pretis, 1925, 1935, 1945. Civitavecchia-Francia-America, Moro e Gelsa, Orso e gatta, Sole e Girasole)


Post popolari in questo blog

SPESSO IL PUNTO DEBOLE DI UNA PERSONA È SEMPLICEMENTE UN'ALTRA PERSONA

"Ci piaccia o non ci piaccia, l'Altro ha un altro Altro. Talvolta giungiamo a vederlo, ma ci vogliamo illudere che sia sempre lo stesso.  E invece è l'Altro dello Stesso.  Ma lo Stesso non è più lo stesso.  È anche qualcos'altro: l'Altro.  Questo vale anche per noi, ci piaccia o non ci piaccia". (M. Thompson Nati, Paradoxes of ego,1995) "Tu hai ciò che sei.  L'essere si può modificare.  Non farti portare dai tuoi sogni.  Conduci i tuoi sogni alla realtà del tuo essere" (Lao Bu Shem)

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio

(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e