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Giovani e tecnologia

 Giovani e la tecnologia. Mio padre l'altro giorno mi doveva portare all'aeroporto, dovevo partire per Londra. Ma ho perso l'aereo per colpa sua. Perché lui è fissato sempre col navigatore, e poi dice che siamo noi che esageriamo con la tecnologia. Ma è peggio de me. Dice che s'è sbagliato, che ha messo le coordinate sbajate sul navigatore. Ma cazzo, io te leggevo i cartelli: FIU-MI-CI-NO! A-E-RO-POR-TO! Ma lui no, guardava e sentiva il navigatore con quella voce da mignotta robottica, e cià mannato a comprà er pesce ar porto, altro che aeroporto. Però io dico a lui ma pure io ci passo un sacco di tempo davanti allo schermetto. Dice la prof che poi si perde la memoria e la concentrazione. E pure la socialità dicono che sembra vera ma poi è finta. Va bene la tecnologia però potremmo parlare un po' di più. Tipo, a casa non non esiste che fai un pranzo, una colazione, una cena senza televisione, o smartphone o semplice pc. Una volta era saltata la corrente e internet non funzionava, come se fosse arrivata la peste dei promessi sposi. Un dramma, non ha mangiato nessuno. Mamma ha fatto una specie di cotoletta surgelata, ma tutti stavamo a fà le prove alla finestra, accendevamo e spegnevamo le luci come mezzi esauriti, alla ricerca della salvezza d'un segnale. Me sa che semo messi male, me sa. E pensare che io ho 13 anni e mi sento già vecchio. La sorellina del mio amico Tommaso c'ha 6 anni e già smanetta con gli smart del padre, aò è una cosa incredibile. Solo che praticamente non gioca. Già io gioco poco, ma lei gioca solo col tablet, e se je dai le costruzioni, delle pallette, dei pezzi di legno, le conchiglie, lei non ce gioca, nun je ne frega niente. Gioca solo col tablet sennò piange. Io almeno ce posso pure vive senza tablet, e lo so che fanno male, si esageri, ma me sembra che quelli piû giovani di me stanno peggio. Ma forse io sto peggio di quelli grandi. Oddio, se guardo mi padre non sembra però. La psicologa a scuola dice che ci sta pure un tipo di paura nuova, che è la paura di perdere il cellulare. Alcuni se perdono il cellulare si sentono isolati. Je viè come na specie de ansia, stanno male, ma nun se sò persi er cellulare se sò persi er cervello. (A. Battantier, Memorie di un adolescente, 2014).

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SPESSO IL PUNTO DEBOLE DI UNA PERSONA È SEMPLICEMENTE UN'ALTRA PERSONA

"Ci piaccia o non ci piaccia, l'Altro ha un altro Altro. Talvolta giungiamo a vederlo, ma ci vogliamo illudere che sia sempre lo stesso.  E invece è l'Altro dello Stesso.  Ma lo Stesso non è più lo stesso.  È anche qualcos'altro: l'Altro.  Questo vale anche per noi, ci piaccia o non ci piaccia". (M. Thompson Nati, Paradoxes of ego,1995) "Tu hai ciò che sei.  L'essere si può modificare.  Non farti portare dai tuoi sogni.  Conduci i tuoi sogni alla realtà del tuo essere" (Lao Bu Shem)

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio

(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e