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POSSO CONTROLLARE IL MIO BERE?

Posso controllare il mio bere? Dipende da me, cazzo, dipende da me. E poi dipende dalle persone intorno a me, e dall'interrompere le vecchie abitudini e non vedere più una bottiglia; insomma, neanche per sbaglio ci deve essere una bottiglia disponibile nel raggio di 10 chilometri. Quando sarò forte, allora potrò anche pasteggiare di fronte ai peggio bevitori, e la bottiglia sul tavolo mi farà solo sorridere. Mi fanno ridere quelli che dicono che basta alzare i prezzi dell'alcol, o che restringono gli orari di chiusura di un locale, oppure che serve un tesserino che attesta che puoi bere. Forse aiuta ma non basta se non parti da te. Ma è vero che quando ho iniziato io era pure una cosa di gruppo, di cultura. Cioè quello figo era chi beveva 15 grappe, e chi non ce la faceva era una femminuccia. Da noi pure in famiglia si faceva a gara. Solo mia moglie mi controllava, o almeno ci provava. Ho capito nel tempo che è tutta una questione di auto controllo. Ma perché uno beve? Ci ho pensato ed ho pensato pure a quando smetto. Alle volte smetto quando vado sotto coi soldi, ma mica sempre, alle volte mi offrono gli amici, i compagni di bevuta. Alle volte mi sono fermato solo quando tutto quello che c'era da bere era finito. Solo mia moglie mi blocca, mi inibisce ed allora mi sento in colpa, ma se non fosse per lei continuerei fino ad ammazzarmi. Infatti un'estate che era andata al mare col bambino io mi sono chiuso un casa per 3 giorni fino a vomitarmi il cervello. La fregatura è che frequentavo alcolizzati come me e quindi il confronto lo facevo con loro. Se sto lontano da loro infatti mi rendo conto meglio della realtà. Cioè mi fermo prima se attorno a me gli altri "normali" si fermano. Ma se sto con altri 7 alcolizzati, chi si ferma? Il percorso è lungo ma sto capendo che: DIPENDE DA ME, DIPENDE DA ME, DIPENDE DA ME!!! Ma intorno a me non voglio più la spazzatura. Voglio ricominciare su basi nuove, con persone nuove. (Memorie della bottiglia, documentario di Andrea Battantier, contributo di Vittorio, 2014).

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LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

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CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

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(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e