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IL LAVORO FUTURO

IL LAVORO FUTURO. Qualche giorno fa scuola abbiamo fatto orientamento scolastico e professionale con gli psicologi. La situazione è una chiavica per noi giovani in Italia. Per esempio è uscito fuori dai questionari che noi in classe pensavamo di fare 127 lavori diversi, e solo il 6% di questi sarà realisticamente fattibile. Molti dei lavori che avevamo scelto non ci saranno più entro breve. Gli psicologi ci hanno fatto capire tutto con una frase agghiacciante: " SCENDETE DA CAVALLO, METTETE I PIEDI NELLA REALTÀ. I VOSTRI GENITORI NON REGGERANNO A LUNGO!". Alcuni lavori sembrano meno incerti di altri e bisogna scegliere bene per non trovarsi poi tra pochi anni fregati. Alcuni lavori scompariranno, altri resteranno ancora utili. Mi ha colpito che mia madre fa l'infermiera ma pare che in futuro (e neanche lontano) molte attività in ospedale verranno svolte da infermieri-robot. Siccome però pare che in società sono tutti mezzi stressati ci hanno consigliato di scegliere un mestiere che sia utile alla gente nel loro (sempre meno) tempo libero, oppure dedicarsi alla cura della persona. Tra pochi anni (o mesi o già ora vedi mio zio muratore) saranno a spasso i contabili, i camionisti, i meccanici, chi opera nelle costruzioni. Insomma un disastro, Sarebbe da trovarsi come lavoro l'UAR, cioè "L'Umano adibito ai Robot". Pensa che a Jenny, Elena e Teresa, che vogliono fare unghie e manicure hanno detto che tra poco ci sarà in commercio un kit che elabora in 3D la mappa mani/piedi e tutto sarà svolto automaticamente, dal tagliare, al limare, al gel, al tipo di disegno sulle unghie. Però, per confortarci -visto che eravamo tutti sotto ai banchi- ci hanno suggerito come lavoro Costruttori di Robot, in attesa che sti stronzi se costruiscano pure da soli. Ma a sto punto io un lavoro ce l'ho in mente: suonare e cantare per le strade del mondo. Magari un giorno troverò qualche robot misericordioso che mi lancerà (facendo infallibilmente centro) una moneta nel cappello. Ma canterò solo canzoni allegre, che se i robot piangono si arruginiscono. (Andrea Battantier, Memorie di un adolescente, 2014).


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LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

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CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

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(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e