1. "Vedo che per te è difficile."
Quando la sento mi si alza un sopracciglio. La frase è strutturalmente corretta, ma presuppone che il bambino abbia una teoria della mente per capire che voi avete capito che lui non capisce. E ciò che manca a un bambino in lacrime non è certo un’analisi linguistica della sua disperazione.
2. "Capisco che sei sopraffatto e va bene."
Come quando mio padre mi diceva: "Piangi pure, tanto domani piangerai ancora, prima o poi ti passerà, quando soffrirai davvero." Questa frase entra di diritto nel manuale delle frasi consolatorie per genitori con il cervello in stand-by.
3. "È stato davvero triste/frustrante/deludente."
Oggi sorrido, pensando a quando realizzai che il mio peluche preferito era finito in lavatrice a 90 gradi. A questo punto meglio dire: "La vita è così. Abituati."
4. "Facciamo una pausa."
Razionale. Peccato che il bambino stia già pensando: "Una pausa? Io voglio distruggere l’universo."
5. "Ti voglio bene. Sei al sicuro."
Forse, le uniche parole che contano, anche se il bambino sta già pensando al prossimo dramma esistenziale.
6. "Vuoi aiuto/una pausa/provare ancora?"
Attenzione: se offri troppe scelte, il bambino si convincerà che la vita è un menu senza pietanze decenti. Una mamma mi ha detto: “mio figlio piangeva, io gli ho detto “Prova ancora!”. “Prova ancora"? Ma se ha appena fallito nel costruire una torre di mattoncini, mica sta cercando di entrare alla NASA!
7. "Sento che piangi ma non so cosa ti serve. Puoi aiutarmi a capire?"
Bella prova di dialogo, peccato che il bambino stia già progettando il suo futuro da analista junghiano per vendetta. O forse, piange perché ha appena realizzato l’assurdità della condizione umana. O perché gli hai dato la mela sbagliata.
8. "Ricordo quando..."
Ah, la memoria! L’unica cosa che rende sopportabile il presente, finché non capisci che anche il passato era insopportabile. Ma non dite "Ricordo quando non piangevi." Così rovinate tutto.
9. "Troviamo insieme una soluzione."
Sì, tipo: "Se smetti di piangere, forse non ti lasceremo nell’armadio stanotte."
La soluzione? Una birretta. Per noi, non per lui.
10. "Silenzio e spazio amorevole."
Rialzo un sopracciglio: "Spazio amorevole"? Ma se il bambino vuole solo che tu soffra come lui. Non fate come quella mamma che mi ha confidato: "Sono cattivissima, lo so. Faccio finta di ascoltare mentre penso a quanto vorrei essere single, senza figli, in qualche lontana isola greca".
Poi, il bambino smette di piangere. Guarda l’adulto. L’adulto guarda il bambino. Entrambi capiscono, senza parole, che il pianto non era una richiesta, ma una preghiera senza dio. Una confessione senza peccato. Poi il bambino chiede un gelato. E tutto ricomincia.
(A. Battantier, Memorie di un bambino, Memorie di un amore, Mip Lab, 6/25. Art by Stephen Stadif)