Passa ai contenuti principali

PERCHÉ CAPPUCCETTO ROSSO MI FA SCHIFO COME STORIA


Oggi a scuola abbiamo letto Cappuccetto Rosso. Cappuccetto amava mettersi sempre un cappello di velluto rosso, che non si toglieva mai. Però io mi chiedo: possibile che la mamma non le faceva togliere mai sto cappuccio? Non aveva un altro cappello? Non le venivano i pulci, i pidocchi e non sudava come i cappelli miei di Decathlon? Poi la mamma le disse di andare dalla nonna, che stava tanto male. Le aveva preparato un cestino, vai nel bosco, sta tanto debole la nonna, le serve la focaccia e la bottiglia di vino. Ma io ho pensato: Perché le porta la bottiglia di vino? Ma la nonna te credo che sta male se beve sempre il vino, forse dovrebbe bere l'acqua o il latte, no una bottiglia di vino al giorno che fa la fine di compare Zietto che era sempre imbriaco. Insomma, comunque, poi, la mamma dice a Cappuccetto: stai molto attenta, non andare nel bosco, ci sono anche i lupi. Ma io mi chiedo, se la mamma veramente si preoccupa della figlia, allora perché la manda in mezzo ai lupi? Quando sarò grande, se so che ci sono i lupi al bosco del Sorbo, mica ci mando mia figlia da sola, no? Forse la mamma voleva stare in pace e guardare facebook però non è stata brava. E poi, Cappuccetto incontra il lupo che le dice: e tu bella bambina dove vai di bello di bello di bello? E lei rispose: dalla nonna. E dove abita la nonna? Chiese ancora il lupo. Ora io mi voglio mettere pure nella testa del lupo: se questo ha veramente fame perché non si mangia subito Cappuccetto? A sto punto poteva mangiarsi subito Cappuccetto, poi andava dalla nonna, faceva la vocina, la vecchia apriva e gnam si mangiava pure lei! E comunque un'altra cosa strana è questa: metti che Cappuccetto Rosso la sfanga e arriva sana e salva dalla nonna, quando entra e sente e vede la falsa nonna, che non lo capisce che non è quella vera? Io, se al posto di nonna Letizia ci trovo un'altra persona, mica sono scema me ne accorgo boh! Altro che orecchie lunghe che bocca grande che artigli grossi e che cavolo a me non mi fregava. Però questa favola è importante perché fa capire che i bambini devono stare attenti perché ci possono essere delle persone cattive che fanno finta di essere buone per farti del male tipo alcuni preti zozzi pedofili, o quelli che rubano i bambini, o quelli che ti fanno entrare nel mondo della droga dicendo che fa bene e invece poi stai male. Bisogna imparare a capire quali sono le persone brave, mica ti puoi fidare di tutti. (Memorie di un adolescente, di Andrea Battantier, 2014).

Post popolari in questo blog

SPESSO IL PUNTO DEBOLE DI UNA PERSONA È SEMPLICEMENTE UN'ALTRA PERSONA

"Ci piaccia o non ci piaccia, l'Altro ha un altro Altro. Talvolta giungiamo a vederlo, ma ci vogliamo illudere che sia sempre lo stesso.  E invece è l'Altro dello Stesso.  Ma lo Stesso non è più lo stesso.  È anche qualcos'altro: l'Altro.  Questo vale anche per noi, ci piaccia o non ci piaccia". (M. Thompson Nati, Paradoxes of ego,1995) "Tu hai ciò che sei.  L'essere si può modificare.  Non farti portare dai tuoi sogni.  Conduci i tuoi sogni alla realtà del tuo essere" (Lao Bu Shem)

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio

(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e