Passa ai contenuti principali

L'ABBANDONO

In certe notti l'unica luce è quella dei pensieri che si agitano nella mente. 
Loris si ritrovava solo nella stanza che una volta aveva condiviso con lei. 
Si chiedeva se fosse stato abbandonato con gesti invisibili e pavidi. Meglio sarebbe stato sbattere la porta rumorosamente.

Il suo pensiero lo portò indietro nel tempo, quando lei era ancora presente nella sua vita. 
Sembrava ieri quando ridevano insieme e i loro sguardi si intrecciavano complici. 
Irene era scomparsa senza una spiegazione. 
Si chiedeva dove potesse aver sbagliato, cosa avesse fatto di così terribile da meritare questo silenzio.
Si capisce chi si è, solo quando qualcuno ci dice espressamente: 
"Fai cagare, ti lascio".
Siamo persone reali in grado di provocare e sopportare il Negativo che ci viene rimandato dagli altri, come in uno specchio. 
Le persone si annoiano facilmente, cercano tensione, le persone cambiano. 

L'universo tutto intorno a lui sembrava essersi distorto, aveva perduto un pezzo di sé.

Mentre sedeva nella penombra si chiedeva dove fosse ora quella donna. 
Già la nostalgia lo attanagliava e la sua voce  sussurrava un nome e una domanda: "Irene, dove sei?".

Decise che quella notte avrebbe dormito sulla loro panchina. Bastava scavalcare il cancelletto del parco, quello dell'area cani.
Era un modo per sentirsi vicino a lei, la panchina era fredda ma più calda dei suoi  pensieri. 

Sapeva che dovevano ancora parlare, ancora una volta, per chiudere il cerchio di una storia che avrebbe preferito senza fine. 
O forse bastava parlare con se stesso. Pensava a questo ennesimo abbandono, e prese a sorridere, non era mica una condanna a morte. Si lascia, non è una fine, ma un passaggio a una nuova vita, sia quel che sia. 
Certo, la sofferenza era tanto, questo sì.
Ma dove sarebbe allora la forza se non nell'avversità di in momento di merda!? Coraggio Loris, serve coraggio.

Da piccolo l'aveva già vissuto tutto questo, lui lo sapeva, l'abbandono è un'esperienza che può portare alla disperazione. 
Quell'angoscia risuonava ogni volta, ogni volta si frantumava il già precario senso della sua identità. 
Non siamo forse soli? 
Non dovrebbe essere la solitudine la condizione esistenziale fondamentale in vita? Non sono forse i condannati alla libertà sempre soli e abbandonati?
Ma chi la voleva questa libertà? Non ora, non era ancora pronto. 

Parole per capire cose del mondo, per distaccarsi dalle proprie convinzioni. 
Lui credeva che sarebbe stato possibile qualcosa, lei no, questa era la differenza. Punto.
Ci stava tutto questo distacco, era la conseguenza della loro differenza. 

La notte avanzava lentamente senza stelle, quattro lampioni facevano compagnia nel cielo buio, lui rimase lì, sperando di trovare le risposte che desiderava.

(A. Battantier, Tidon Grifo, L'abbandono, 2023. Art by Stephen Stadif)


#memoriediunamore 
#stephenstadif 
#miplab

Post popolari in questo blog

SPESSO IL PUNTO DEBOLE DI UNA PERSONA È SEMPLICEMENTE UN'ALTRA PERSONA

"Ci piaccia o non ci piaccia, l'Altro ha un altro Altro. Talvolta giungiamo a vederlo, ma ci vogliamo illudere che sia sempre lo stesso.  E invece è l'Altro dello Stesso.  Ma lo Stesso non è più lo stesso.  È anche qualcos'altro: l'Altro.  Questo vale anche per noi, ci piaccia o non ci piaccia". (M. Thompson Nati, Paradoxes of ego,1995) "Tu hai ciò che sei.  L'essere si può modificare.  Non farti portare dai tuoi sogni.  Conduci i tuoi sogni alla realtà del tuo essere" (Lao Bu Shem)

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio

(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e