L'amore va coltivato con l'amore. Anche quando la vita ti spara addosso! Chiedi a tuo padre di finire le sofferenze di tua madre e poi lei muore nel compleanno di papà. Se non ridi, piangi. L'unica risposta è strapazzarsi di coccole, finché si può. Tutto finisce, sì, certo, per la fisica si trasforma. Epperò, intanto, quel corpo che ha dato la vita nega l'ultimo abbraccio, lasciando un vuoto che non sappiamo riempire, una voragine che ci ricorda la precarietà di ogni amore; a qualunque età non si è mai preparati abbastanza. La rabbia di non averla più, la frustrazione di sentirsi improvvisamente abbandonati, privati di "punto fermo". La sofferenza nasce dalla lacerazione di un legame. Forse quella richiesta a papà non è stata solo un gesto di pietà. Forse era l'anima che riconosceva il momento del ritiro. Mamma era già partita, il corpo era un guscio. Il suo compito era finito. Quel respiro, così pesante da emettere, così leggero da disperdersi per sem...
MIO ZIO E IL GIARDINO DELLE ILLUSIONI PERFETTE (Quella ricerca della perfezione non era un tratto caratteriale, era la sua prigione. Qual è il confine tra la ricerca della perfezione e il perfezionismo maniacale?)
L’odore della terra zuppa dopo la pioggia, misto all’aspro sentore della clorofilla appena recisa, annunciava le sue battaglie. Zio Gennaro non coltivava un giardino; lo domava. Per lui, quel quadrato di terra dietro casa non era un luogo di piacere, ma un manoscritto in continua riscrittura, un testo illeggibile che lui si ostinava a correggere con la maniacalità di un copista medievale. Ricordo ogni suo gesto come un atto di fede in un dio assente (e infatti le maledizioni si sprecavano). Gli aghi di pino, le foglie, in particolare, erano il suo nemico personale. Non le vedeva come il naturale prodotto degli alberi, ma come una sfida esistenziale, un’offesa alla geometria dell’universo. Le raccoglieva con un rastrello la cui dentatura doveva essere perfettamente allineata, in un movimento che era sempre uguale a se stesso, un andante metodico e disperato. Il fruscio delle foglie ammucchiate era il suono della sua temporanea vittoria. Le osservava, infine, bruciare in un falò ...