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DUE CAFFÈ, OGNI MATTINA

Il decespugliatore inizia a rombare alle otto e diciassette. Un rumore preciso, familiare.  Mi alzo dal divano, vado in cucina. Accendo la macchinetta del caffè. Due tazzine. Due cialde. Una normale per me. Una decaffeinata, senza zucchero, per te. Mi appoggio al lavello, guardo fuori. La finestra inquadra il giardino come una vecchia fotografia un po’ sfocata.  Cerco di scorgerti tra il verde, vicino alla siepe che volevi sempre tenere bassa, “così il sole entra meglio”, dicevi.  Apro la finestra. Chiamo il tuo nome. Ma il motore là fuori copre tutto. Allora esco.  Faccio il giro della casa.  C’è un uomo che taglia l’erba, ha la schiena curva e il viso anonimo di chi entra ed esce dalle vite altrui senza lasciare traccia.  Lo osservo un attimo, come si guarda una scena che non ci riguarda. Poi rientro. Le due tazzine sono pronte.  Il vapore sottile disegna arabeschi nell’aria.  Ne prendo una e la poggio sul tavolo. L’altra la tengo tra le mani....
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INSIDE MAN (ciò che temiamo di più non è la perdita materiale, ma l’esposizione del nostro Sé nascosto, in grado di scalfire chiunque abbia un segreto inconfessabile. Il crimine è solo lo specchio di un’anima che rifiuta di guardarsi)

Il crimine perfetto non è quello che rimane irrisolto, ma quello che trasforma chi lo commette e chi lo indaga.   Il film Inside Man di Spike Lee (2006) è un thriller sviluppato entro un labirinto psicologico, i personaggi si muovono come pedine di un gioco che supera la mera rapina.  Ogni individuo è mosso da un sentimento di inferiorità che cerca di compensare attraverso strategie volte a raggiungere una superiorità psicologica.  Dalton Russell (Clive Owen), il rapinatore, incarna questa dinamica in modo magistrale.  La sua non è una semplice rapina, ma un atto di affermazione esistenziale: attraverso il controllo assoluto della situazione, rovescia i ruoli sociali, umiliando chi detiene il potere (la banca, la polizia, il magnate Arthur Case).   Anche il detective Keith Frazier (Denzel Washington) è mosso da una compensazione: il suo passato ambiguo (il sospetto di furto di fondi) lo spinge a dimostrare la propria integrità, trasformando l’indagine ...

LA MIA SOLITUDINE INDICIBILE (L'unicorno triste)

A volte penso che la mia casa sia fatta di vento. Le mura tremano quando papà torna a mani vuote perché non ha fatto la giornata a manovale, e mamma si siede sul bordo del letto a guardare fuori, come se aspetta qualcosa che non arriva mai. Io, in mezzo a loro, mi sento trasparente. Mi vogliono bene, ma il loro amore è stanco, inciampa come le gambe di mamma quando non riesce a camminare dritta. I miei genitori li avevo immaginati diversi, un tempo. Pensavo a papà forte, con il sorriso sempre addosso con la sua camicia bella bianca e i jeans con tante tasche, e mamma che sapeva cantare la sera, senza piangere piano. Ma il lavoro qui non c’è, si cerca e si rincorre e poi svanisce, come la sabbia tra le dita. E mamma non sta bene, è tutto difficile. Non ho amici veri. A scuola sorrido, rispondo, ma tra me e loro c’è una bolla, un vetro sottile: vedo tutto, ma non posso toccare niente. Quando mi sento troppo sola, parlo con Cuscy, il mio cuscino. E sogno una casa dove il vento sti...

LA CRISI SOCIALE AMERICANA (Il capitalismo non spreca nulla, neppure la morte)

Ho visto un documentario sui giovani oppressi dal Fentanyl nelle strade degli USA. Le immagini mostrano corpi abbandonati sui marciapiedi, occhi vuoti, vite ridotte a meri fantasmi.  Ecco un altro volto del ‘sogno americano’. Non  cowboy eroici, ma zombie chimici, prodotti di un sistema che li ha prima sedotti, poi divorati. L’America è la più grande fabbrica di dipendenze della storia: non solo droghe, ma consumo compulsivo, solitudine mercificata, alienazione elevata a stile di vita. Eppure, guardateli bene: sono i nuovi ‘esclusi’, come i sottoproletari delle  borgate pasoliniane. Solo che qui non c’è neppure la solidarietà della disperazione, solo l’individualismo della sopravvivenza.  È il risultato calcolato. Un capitalismo brutale che abbandona i poveri al loro destino mentre i miliardari giocano a fare gli dei sulla Luna e su Marte. Guardate come criminalizzano la miseria invece di combatterla. In Europa, almeno, ancora resiste un barlume di welfare,...

PERCHÉ SE UNO MANGIA UN PO' DI PIÙ, INGRASSA TANTO DI PIÙ? (Il corpo grasso è l'ultima frontiera che la società si sente autorizzata a schernire pubblicamente senza vergogna)

Sembra una domanda da bar, ma in realtà contiene tutto il dramma della nostra epoca. È la versione popolare della teoria dei sistemi complessi: Piccoli input, conseguenze sproporzionate. Come cliccare "accetto" sui cookie e ritrovarti venduto a diciassette agenzie di marketing che sanno persino quante volte vai in bagno. Mangiamo un biscotto in più? Tre chili.  Come se il metabolismo fosse un tizio vendicativo impiegato del catasto: "Ah sì? Hai sforato di 120 calorie? E allora multa, ingrandimento cosce, pancia a lievitazione naturale e abbonamento gratuito all'autodisprezzo!". Un sistema di cause ed effetti totalmente irrazionale. Il corpo umano, che ci avevano venduto come un tempio, oggi funziona più come un casinò truccato. Entri pensando "massì, una frittatina, che sarà mai", esci tre settimane dopo a chiederti se puoi noleggiare una seconda cintura per la pancia. E il bello è che mentre ingrassi fisicamente, ingrassi anche socialmente: ...

DEPRESSIONE: L'ANIMA CADE E CHIEDE ASCOLTO (Fermarsi, scendere, ascoltare. La depressione chiede lentezza, silenzio, umanità)

Le formule motivazionali "all'americana", mal funzionano con la depressione, che appare come un difficile enigma insopportabile. "Pensa positivo", "Reagisci", "Non ti manca niente", "Pensa a quelli che soffrono davvero", "Avessi io quello che ha tu": Queste frasi, dette con la leggerezza di chi non ha mai davvero toccato l’abisso, tradiscono una profonda incomprensione della psiche. La depressione non è solo e necessariamente debolezza, ma il risultato di una complessa dinamica interiore: è la manifestazione di un sentimento di inferiorità che, anziché essere superato con uno slancio creativo verso il mondo, implode, creando un vuoto paralizzante. Occorre guardare alla depressione non come a un errore da correggere, ma come a un linguaggio dell’anima (James Hillman). Quando tutto si spegne, quando il piacere si ritira, quando ogni gesto quotidiano diventa una fatica immane, non siamo di fronte a un semplice malfunzion...