Sai com'è, a cinquant'anni e passa, ci si sente ancora un ragazzino. È il corpo che non capisce, che ti tradisce. Mentre cammina nel parco per andare a prendere la figlia ad una festa, vede una panchina. E gli viene in mente che da giovane, quelle lì, le saltava come niente. Allora sorride, si guarda intorno, tanto non c'è nessuno, e dice: "Mo' te faccio vedere". Prende la rincorsa, due, tre passetti, salta…finisce col muso per terra. Perché i piedi, invece di volare, hanno deciso di salutare la panchina. Si rialza, malconcio. Ginocchio sbucciato, pantaloni stracciati, un po' di sangue sul viso. Coraggio, cerca di darsi un contegno. Alla fontanella si sciacqua, si sistema come può, zoppica vistosamente. Quando arriva dalla figlia, lei lo guarda e subito: "Papà, tutto bene?". Lui, fiero e menzognero, mugugna: "Sì, sì, tutto bene. Ho avuto un problema col tempo". E lei: "Ma non hai fatto tardi!". E lui: "Non ti preocc...
L'ANIMA DEL SALESIANO E QUELLA DEL MIO CANE AMATO (C'è chi divide il mondo in esseri "con l'anima" e "senza anima")
Avevo nove anni, e il cortile dei salesiani di Auronzo di Cadore odorava di pioggia, ed erba tagliata. Don Marcello, l’uomo che ci insegnava religione, quel pomeriggio ci riunì sotto il pergolato per la merenda di pane e cioccolata. “Figlioli,” disse, “l’uomo ha un’anima immortale. Gli animali no. Per questo possiamo disporne.” Ricordo che tenevo in tasca un sassetto lucido trovato al fiume, che ancora conservo. Lo stringevo forte, come se potesse parlare. Accanto a noi, seduto sul muretto, c’era Savio, il cane del custode. Occhi di grandi marroni e verdi, coda a scodinzolio lento che sembrava un poderoso elicottero. Ogni volta che lo guardavo, mi sentivo meno solo. Più tardi andai da Savio e lo accarezzai a lungo. Lui mi leccò la mano, come per dire: “Non ascoltarlo, tu e io siamo fatti dello stesso amore”. Oggi, a distanza di anni, so che don Marcello era prigioniero di una storia millenaria che ha messo l’uomo su un trono, e tutti gli altri animali in fila per essere...