LA SOLITUDINE DELL'ATLETA E IL CROLLO DELLA PERFEZIONE (La solitudine non è un fallimento, è la scoperta di essere umani)
Corre da una parte all’altra del campo, insegue una palla, ma la vera prigione è dentro di lui. La solitudine non è un fallimento, è la scoperta di essere umani.
L'illusione del successo. Zverev credeva, chissà, di essere definito dai suoi trionfi, ma ora scopre che la pesantezza dell’esistenza non si dissolve con un trofeo.
La solitudine è una stanza vuota dove anche gli applausi non risuonano più. Lui ha parlato davanti ai giornalisti, ma è come se confessasse a un muro. In pochi amano ascoltare il dolore dietro la gloria.
Qui non è una questione di tennis. È il sentimento che emerge quando l’identità è legata solo alla performance. Se non sei il migliore, chi sei? La crisi è una richiesta di significato.
Lo sport professionistico è una costruzione sociale che premia l’eccellenza e punisce la fragilità. Ma l’uomo non è una macchina. Zverev ha scoperto che la felicità non può essere misurata in ranking.
La solitudine è una verità. Non si può ingannare. Lui, forse, ha mentito a se stesso, credendo che vincere fosse sufficiente. Ora può scrivere la sua storia senza bugie.
Forse questa depressione è un richiamo: sta morendo il suo vecchio sé, quello che credeva di essere. Forse sta nascendo qualcosa di più autentico.
Che strano, no? Più sali in classifica, più diventi invisibile a te stesso. Forse la vera vittoria sarebbe smettere di contare i punti. Troppo!?
Lo sport professionistico ti convince che il valore umano sia legato alla produttività. Quanti sono i soldati esausti in una guerra senza fine?
Cosa farà adesso? Continuerà a giocare, fingendo? O ammetterà che forse la vita è più grande di un campo da tennis?
Troverà un nuovo scopo? Non fuori, ma dentro. Se lo farà, non sarà più schiavo del risultato. Forse non è ancora troppo tardi. Forse il vuoto non lo divorerà. A volte le storie hanno un lieto fine.
Se ha avuto il coraggio di parlare, forse ha anche la forza di salvarsi.
La salvezza, forse è proprio in questa caduta. Per la prima volta, sta toccando il fondo della sua esistenza. E dal fondo si risale.
Si può smettere di lottare contro il vuoto, scoprendo che il vuoto stesso è pienezza. C'è la vittoria, c'è la sconfitta. E c'è l’abbandono di ogni giudizio. Lasciando che la vita sia, senza chiedere nulla in cambio.
Le parole di Zverev sono un terremoto nel mondo dello sport, ma anche una luce. Perché mostrano che dietro l’atleta c’è un uomo. E che la fragilità, una volta confessata, smaschera l’ipocrisia di un sistema che venera i corpi e dimentica le anime. L’unica vera vittoria possibile è smettere di fingere.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, 7/25)
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