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LA PATENTE A 70 ANNI

AVEVO UN SOGNO. "Avevo 70 anni. Un bel giorno ho pensato che il mio sogno era di prendere la patente. Era il periodo che andavo al centro anziani. Facevamo gite, ci portavano in giro con il pullman. Siamo state in Sardegna, a Rimini, alle grotte di Castellana, a Venezia. Ma dopo 4 soggiorni estivi la noia iniziò a vincere, non ne potevo più. Con tutti sti vecchi eh eh! La patente? I miei figli pensavano fossi pazza, ma io in garage avevo la macchina di mio povero marito, ferma da 10 anni. La feci mettere a posto dal figlio della mia amica Liana. Feci i corsi per la patente, io sono brava con la settimana enigmistica e, insomma, mi hanno promosso dopo 1 anno di prove, mica subito. Ricordo quella mattina: l'entusiasmo mi salì alle stelle. Ricordo l'ingegnere dell'esame che mi disse: "La prego signora faccia la brava sulle strade, se succede un guaio finiamo sui giornali". Quell'estate mi divertii troppo a fare i giretti per il quartiere. E quando gli anziani del Centro Sociale Polivalente partirono tutti in pullman per il mare, io dissi che non sarei partita, e neanche Liana che stava male con le gambe gonfie. Ma io la convinsi e partimmo 2 giorni dopo, di nascosto dai miei figli e da suo marito. Fu un viaggio bellissimo anche se poi la macchina si è rotta quasi subito prima di entrare in autostrada. Ci hanno riportato a casa con il carro attrezzi, tristi, ma anche felici perché almeno ci avevamo provato. Poi i miei figli mi hanno tolto la macchina e da allora sono triste. Mi hanno tolto la libertà e ora sì che mi sento davvero vecchiarella. E voi che siete giovane, un giorno mi portate a fare un giro con la vostra macchina?. ("La percezione della vecchiaia e della morte", 2010, di A. Battantier, Rosanna detta "Lancia Fulvia").

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SPESSO IL PUNTO DEBOLE DI UNA PERSONA È SEMPLICEMENTE UN'ALTRA PERSONA

"Ci piaccia o non ci piaccia, l'Altro ha un altro Altro. Talvolta giungiamo a vederlo, ma ci vogliamo illudere che sia sempre lo stesso.  E invece è l'Altro dello Stesso.  Ma lo Stesso non è più lo stesso.  È anche qualcos'altro: l'Altro.  Questo vale anche per noi, ci piaccia o non ci piaccia". (M. Thompson Nati, Paradoxes of ego,1995) "Tu hai ciò che sei.  L'essere si può modificare.  Non farti portare dai tuoi sogni.  Conduci i tuoi sogni alla realtà del tuo essere" (Lao Bu Shem)

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio

(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e