"Un senso di impotenza devastante. Tu, la mia seconda mamma, c'eri sempre, mi facevi trovare un buon caffè caldo, un dolcetto, fasci di rose profumate, prezzemolo, guai ad andare via a mani vuote. 20 anni di amicizia, affetto, calore. Le passeggiate con i cani, le chiacchiere. Mi sono sentita amata come una figlia e per me è sempre stato lo stesso, mia seconda madre. Poi hai iniziato ad essere strana, la colpa la si dava ad un brutto esaurimento nervoso. Eri diventata dispotica, tu che sei sempre stata un angelo. Pensavamo che invecchiando avevi cambiato carattere. Abbiamo rallentato i nostri incontri. Poi, il verdetto. Una malattia bastarda che lentamente toglie, iniziando dalla dignità: Alzheimer. Un' ombra nera che divora e ruba tutto, compreso quello che per un anziano è più prezioso: i ricordi. Tu sei viva, respiri e il tuo cuore non smette di battere, ma è sceso un velo tra te e il mondo. Ti chiedi chi siamo. Forse non te lo chiedi nemmeno chiedi. Mi manchi mio rifugio e riferimento. Vorrei riportarti qui, ritrovarti come ti ho lasciata nella mia memoria. Ora sei altrove, laggiù in quella dimensione di profondo vuoto dove nessuna mano ti può recuperare, far risalire. La tua casa senza te rimbomba. Immensa Mirella mi manchi. Ti voglio bene, tanto tanto bene, ma non basta”. (Marina Atta, Alzheimer, Memorie senza memoria, 2018).
"Esistono tante forme di malattia. Alcune ti rubano il corpo, altre la testa, l'anima, il cuore. L'Alzheimer ti priva di tutto questo insieme". (Angela Negro, Alzheimer, Memorie senza memoria, 2018).