Aveva lasciato il cane sul balcone e l'acqua era finita, o evaporata, chissà.
Capirai, con il caldo di quei giorni.
Mi insospettii quando smise di ululare, versi sempre più deboli.
Non riuscivo a vederlo, sentivo quel rumore della lingua di fuori, quel respiro pazzo.
Ho provato a dare refrigerio a quel canetto accaldato.
Dapprincipio con una ciotola tenuta a fatica, che un altro po' ci casco di sotto, poi con il tubo, a bagnare il terrazzino e la ciotola stessa.
Il padrone si è scusato (un cazzo!) dicendo che la ciotola c'era, e che era di quelle non rovesciabili, ed era piena.
Ma la domanda è:
Come puoi lasciare da solo un cane?
Come può difendersi poraccio dal colpo di calore?
Dice fregno buffo che doveva assentarsi per motivi di salute, che aveva lasciato più di un contenitore d'acqua, ma perché lasciarlo sul terrazzino?
Non era meglio in una stanza?
E no, dice fregno buffo che dentro poi sporcava e rovinava tutto e si mangiava il divano.
Poi si è subito corretto:
L'ho fatto per lasciarlo più libero.
Ma il canetto voleva un riparo fresco, non la "libertà" a 40 gradi.
Lo potevi portare con te, o darlo a me, o a qualsiasi altro cuore aperto, che non sia stronzo come te.
(Memorie di un animale, A. Battantier, 2018, Ugo Nat)