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Visualizzazione dei post da 2025

HO AVUTO PROBLEMI CON IL TEMPO

Sai com'è, a cinquant'anni e passa, ci si sente ancora un ragazzino. È il corpo che non capisce, che ti tradisce. Mentre cammina nel parco per andare a prendere la figlia ad una festa, vede una panchina. E gli viene in mente che da giovane, quelle lì, le saltava come niente. Allora sorride, si guarda intorno, tanto non c'è nessuno, e dice: "Mo' te faccio vedere". Prende la rincorsa, due, tre passetti, salta…finisce col muso per terra. Perché i piedi, invece di volare, hanno deciso di salutare la panchina. Si rialza, malconcio. Ginocchio sbucciato, pantaloni stracciati, un po' di sangue sul viso. Coraggio, cerca di darsi un contegno. Alla fontanella si sciacqua, si sistema come può, zoppica vistosamente. Quando arriva dalla figlia, lei lo guarda e subito: "Papà, tutto bene?". Lui, fiero e menzognero, mugugna: "Sì, sì, tutto bene. Ho avuto un problema col tempo". E lei: "Ma non hai fatto tardi!". E lui: "Non ti preocc...

L'ANIMA DEL SALESIANO E QUELLA DEL MIO CANE AMATO (C'è chi divide il mondo in esseri "con l'anima" e "senza anima")

Avevo nove anni, e il cortile dei salesiani di Auronzo di Cadore odorava di pioggia, ed erba tagliata. Don Marcello, l’uomo che ci insegnava religione, quel pomeriggio ci riunì sotto il pergolato per la merenda di pane e cioccolata.  “Figlioli,” disse, “l’uomo ha un’anima immortale. Gli animali no. Per questo possiamo disporne.” Ricordo che tenevo in tasca un sassetto lucido trovato al fiume, che ancora conservo. Lo stringevo forte, come se potesse parlare. Accanto a noi, seduto sul muretto, c’era Savio, il cane del custode. Occhi di grandi marroni e verdi, coda a scodinzolio lento che sembrava un poderoso elicottero. Ogni volta che lo guardavo, mi sentivo meno solo. Più tardi andai da Savio e lo accarezzai a lungo. Lui mi leccò la mano, come per dire: “Non ascoltarlo, tu e io siamo fatti dello stesso amore”. Oggi, a distanza di anni, so che don Marcello era  prigioniero di una storia millenaria che ha messo l’uomo su un trono, e tutti gli altri animali in fila per essere...

AMORE, RIMORSI, RIMPIANTI (a 15 anni)

Non ci posso credere, stavo per fare lo stesso errore due volte. Alle volte, mi sembra che sto ad aspettare un semaforo verde per attraversare, ma la vita mica è un incrocio. Io a questa festa ci devo andare. Senza pensarci. Io ho già la risposta dentro la pancia. Il rimpianto è una cosa brutta, ti resta dentro la mancanza di quello che non hai fatto. La paura? E’ normale. Ma se non ci vai, tra tre anni mi ritrovo a pensare: "E se ci fossi andato? E se ci avessi parlato?” A me Giorgia piace. E che faccio? Aspetto che passa la timidezza come fosse un raffreddore? La vita è adesso. Se mi ha invitato un motivo ci sarà. Non devo fare lo sciocco come in prima media. Adesso ho quindici anni, sono cresciuto. La paura passa, il rimpianto resta. Ci vado, ci parlo, ci rido insieme. Poi, come va, va. Almeno non mi sono fermato a guardare il semaforo. Ci ho provato. E questo è già una vittoria. (A: Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, Ale, 15 anni, 11/25) #memoriediunamore #memoriediuna...

LE STELLE SONO TANTE (Dialogo tra 2 fratellini, 9 e 6 anni)

Vedi, Giamma quella stella luminosa, proprio sopra la magnolia? Quella è la stella della nonna. Ci abita insieme a Mimì. Ma tu, Iaia, come fai a saperlo? Ci sono miliardi di stelle, ma noi ne vediamo solo un po’. E sulla Terra siamo otto miliardi! E ci sono pure quelli prima, che sono tantissimi. Come facciamo a stare tutti sulle stelline che si vedono? Forse, Giamma, le stelle girano, oppure, ecco, su ogni stella ci stanno tante persone insieme. Ah! Quindi, Iaia, nonna divide la stella con altri? Ma se poi litigano? Magari qualcuno vuole giocare a pallone proprio quando nonna vuole fare il dolce e lo sai che lei non sopporta confusione. Secondo me, Giamma, lassù non si litiga più. O forse sì, ma subito dopo fanno la pace. Perché quando guardi la Terra da lontano, capisci che i litigi sono una cosa stupida. Mmm…quindi, Iaia, forse a noi non ci danno una stella...forse siamo noi che scegliamo la nostra stella? Mi sa. La nonna ha scelto quella stella perché da lì si vede benissimo la nos...

MUCO

C'è una festa di compleanno. Bambini che strillano  e saltellano ovunque, palloncini, una torta che sembra un'esplosione di colori.  E poi ci sono gli adulti. Che alle feste dei bambini sono sempre un po' a disagio, con in mano un bicchiere di plastica a parlar di classi, metodi scolastici, l'educazione in casa te-come-fai-per-tenerli-a-bada-quando-piove.  In mezzo a tutto questo, c'è Lucia, raffreddatissima. Il naso gocciola, una cosa seria.  E il muco. Non è il solito muco schivo, quello che se ne sta per i fatti suoi. Questo è un muco prepotente, un muco da schifo che ha deciso di vivere la sua vita, di farsi notare. Un muco ambizioso. E arriva Marco. Marco, che è un tipo simpatico, ma ha una fissazione: racconta barzellette.  Allora Marco prende la parola e comincia: "Allora, un pomodoro entra in un bar...".  Lucia, in quel preciso istante, sente che il Muco Ribelle ha deciso di prendere una scorciatoia. Invece di uscire dal naso, fa retromarcia e gli ...

IL BOOMERANG DELLA CENSURA (E quello che volevi nascondere lo sanno pure i sassi)

Noi qui, in questa società occidentale, democratica, coi principi belli scritti sulla carta, parliamo sempre di libertà.  È come se avessimo paura di ammettere che la censura, quella vecchia, quella che dice “questo no, non si può dire”, qui da noi non funziona più. Anzi, fa il contrario di quello che vuole. Se tu metti un paletto, un divieto, un “questo è vietato”, la gente, che è fatta così, curiosa, che ci vuoi fare, quella gente lì non pensa “ah, allora è giusto che non lo sappia”. No. Pensa “e adesso cosa c’è? Perché non posso saperlo?”.  E allora moltiplichi l’uditorio. È come se da una conversazione in un vicolo, tu la spostassi in piazza. E fai un dibattito, un casino… che alla fine tutti ne parlano.  E quello che volevi nascondere lo sanno pure i sassi. E allora, a che serve? Non serve a niente. Anzi, è dannosa (per il potere censorio). Perché non è coerente con quei principi lì, con la Costituzione, con l’idea che siamo adulti e possiamo pensare con la nostra t...

NON BASTA SAPER CANTARE

Proprio all'angolo della finestra c'è un bel quarto di luna e stelle come se piovesse. Dal cielo una fontana, sarebbe da venirti a prendere e portarti a ballare. Dall'angolo della finestra la luna si è spostata, come la vita che passa, o che l'abbiamo passata, così, tanto per vivere, senza farci del male. Da quest'angolo di finestra si vede un pezzo di strada, un esercito ritorna a casa sotto la pioggia ghiacciata, in una terra spaccata e ferita; ci sono cani affamati che girano e gente nuda che scava. Ci vuole tempo e pazienza per imparare il dolore, lacrime e competenza per impastare l'amore. (Francesco De Gregori e Lucio Dalla) #francescodegregori    #luciodalla   #memoriediunacanzone  #memoriediunamore 

IL CUORE NON SEGUE LA RAGIONE (amore a lutto elaborato manco per niente)

C'è un canto navajo che gira in rete. Bellissimo. Leggendolo, quasi quasi ti viene da sorridere. Sembra tutto così leggero, così naturale. Come mille venti che soffiano, la pioggia gentile, le stelle sulla finestra. Magari fosse così. La verità, invece, è che quando una persona che ami se ne va -non muore, ma sparisce dalla tua vita- non è come un diamante nella neve.  È come un sasso in gola. Che non va né su né giù, e ti fa male ogni volta che respiri. Tu leggi "non avvicinarti alla mia tomba piangendo", ma il problema è che la tomba non c'è.  Loro sono vivi, da qualche parte, e tu non puoi nemmeno piangere su una pietra.  Devi piangere sul divano, per strada, quando passi dal pub irlandese dove andavate insieme a farvi una birretta e giocare a freccette. Sarebbe bello pensare che sia come la luce sul grano, o il canto degli uccelli.  Invece no. È il silenzio in casa la mattina. È il messaggio che non arriva più, il citofono che non suona più. È quella cosa lì che ...

SULL'EGUAGLIANZA DI TUTTE LE COSE (siamo già uguali, solo che non lo sappiamo. O non lo vogliamo sapere)

Ho letto il libro di Rovelli "Sull'eguaglianza di tutte le cose". Secondo lui tutto è connesso, non esistono cose separate, siamo tutti parte dello stesso movimento. E io, che ci avevo preso gusto in questi anni a sentirmi così solo, ho pensato: azz…ma allora non sono mai stato veramente solo. Epperò poi guardo la vita di tutti i giorni e sembriamo così diversi. Ci trattiamo come se fossimo fatti di materiali diversi. Invece Rovelli dice che siamo tutti della stessa pasta. Anzi, non siamo nemmeno pasta, siamo più come onde nello stesso mare. Quando ride uno, vibra un po' tutto il mare. Quando piange uno, trema un po' tutto il mare. Mi sa che però alcune persone non vengono ascoltate. E perché allora ci comportiamo come se non fosse vero?  Perché chiudiamo le porte, costruiamo muri, facciamo finta che il dolore degli altri non ci riguardi? Forse perché è più comodo. Se siamo tutti uguali, allora le ingiustizie pesano il doppio. Se siamo tutti connessi, allora non p...

CIAO, COME TI CHIAMI?

C’era un gatto, uno di quelli normali, col musetto simpatico e le fusa che sembrano un motorino.  Si chiamava…be’, qui nasce il problema. Per la famiglia Rossi era “Pallina”. Per i Bianchi “Ciccio”. Per i Verdi “Sgombro”. Per i Neri “Principessa”. Sì, anche se era maschio, ma vabbè. Il gatto, aveva capito tutto della vita. Mentre noi umani ci rompiamo la testa col mutuo e con la spesa, lui aveva risolto: sei case, sei cucce, sei ciotole. Un genio. La sua giornata tipo: colazione dai Rossi, pennichella dai Bianchi, spuntino dai Verdi, coccole dai Neri. Era un pendolare esistenziale, il pelo ben curato e un’aria da “io so cose che voi umani non potete capire”. Il problema è che è ingrassato. Arrivato a 8 chili, pareva un cuscino con le zampe. I Rossi, preoccupati, lo portano dal veterinario: “Dottore, Pallina è diventata una palla”.  Ma la verità viene fuori per caso.  Un pomeriggio, Marco, il figlio dei Rossi, incontra Luca dei Bianchi. “Hai un gatto nero con una macchia b...

LA VITTORIA VUOTA

Il maestro  internazionale girava tra i tavoli nel parco, fermandosi pochi secondi per ogni mossa. Io aspettavo il mio turno. Alla terza partita, tirai fuori il telefono. Inserii le sue mosse, il computer rispondeva. Lui tornava, io muovevo il pezzo che lo schermo indicava. A un certo punto, il maestro si grattò la tempia. Guardò la scacchiera più a lungo. Poi me, poi il telefono in grembo. Non disse nulla. Continuò a giocare, ma ora ci metteva il doppio del tempo. Sapeva. Alla fine, mi tese la mano. "Ben giocato," disse. Le sue dita erano fredde. Io andai al laghetto e buttai il telefono. L'acqua si richiuse in un istante. Lui, lontano, già insegnava a un bambino come muovere il cavallo. Ridevano. (A. Battantier,  Memorie di un adolescente, Mip Lab, 10/25) #memoriediunadolescente #MIPLab

NON ASPETTARE MAI PIÙ CHE LA VITA DECIDA PER TE (La fine di un rapporto non è sempre un fallimento. Il passato è passato. Adesso è così. E in questo "così", forse, inizia finalmente la vita)

C'è un momento, nella vita, in cui ti accorgi che per anni hai portato un peso che non era tuo. E non te ne sei accorto. Camminavi curvo, e pensavi: "È la fatica normale". Invece no. Lui si è accorto adesso, dopo tanto tempo, di aver amato una donna che non lo voleva. Le ha dato tutto, forse troppo. Si è preso cura di lei e della figlia di lei, come se fosse sua. Ha cambiato i pannolini, accompagnata a scuola, fatto i compiti. Ha sistemato la casa, portato la spesa, sopportato i silenzi. Eppure, c'era una cosa che non andava. Una cosa piccola, ma come un sassolino nella scarpa. Pimpa, la sua cagnolina. Lei non l'ha mai accettata. La guardava storto, la sopportava a malapena. Quel cane era lui. Era la sua parte più fragile, quella che chiedeva solo un po' di calore. E lei non lo dava, né alla cagnola, né a lui. Lui non si è sentito amato. Si sentiva come un inquilino nella sua stessa casa. Uno che paga l'affitto con le sue attenzioni, ma c...

TANTO AMORE FINCHÉ CI SIETE, ED ANCHE DOPO

A volte penso che l'amore sia come quei semi che il contadino butta per sbaglio fuori dal campo. Li vede volare via col vento e dice: "Mannaggia, sono sprecati". Invece no. Quei semi, chissà dove, magari in un posto dove non passa mai nessuno, crescono lo stesso. Fanno un fiore. E quel fiore lo vede solo il cielo. Noi siamo un po' così. Amiamo qualcuno, gli diamo tutto. E a volte questo amore non torna indietro. Ci sentiamo fessi, come quel contadino. Abbiamo sprecato semi preziosi. Ma la verità è che niente si spreca. Quel bene che hai dato, anche se non è stato capito, anche se ti ha fatto male, è come una pietra lanciata in uno stagno. Le onde vanno lontano, dove tu non le vedi più. Toccano rive che non conosci. L'importante è non smettere di lanciare pietre. Di buttare semi. Perché il mondo ha fame d'amore. E anche se oggi non vedi il frutto, domani qualcuno, chissà dove, raccoglierà un fiore che è nato da una tua carezza persa, da un grazie non detto, da ...

SE È DESTINO, TUTTO TORNA (o cambia forma)

Hanno scritto sul muro: "Se è destino, tutto torna". Una frase che ti dà un po' di pace, una coperta calda d'inverno, un alberello fresco d'estate. Io ci penso, a questa frase. E mi viene da dire: ma tutto cosa? Perché se tornano solo le cose brutte, allora siamo messi male. Se è destino che mi ritorni il mal di schiena, o che ritrovi quella persona che mi ha fatto soffrire, allora forse è meglio che il destino cambi programma. Epperò c'è un'idea che mi piace. Che forse il destino non è un treno che già sa dove andare. Forse è più come una bicicletta che guidiamo noi, ma con il fiatone, le gambe mezze stanche e le strade a volte sono sbagliate. Allora, "se è destino, tutto torna" vuol dire: se ci mettiamo impegno, se non molliamo, forse le cose belle le possiamo far tornare. O forse no. Ma intanto noi ci abbiamo provato. E forse quel ragazzo o ragazza che l'ha scritta sul muro, forse sta aspettando che qualcosa torni. Una persona, un momento,...

MACCHINA GIALLA!

Un uomo cammina per la città. Da solo. Non del tutto. Ogni volta che una macchina gialla passa, dentro di lui qualcuno grida: “Macchina gialla!”. A volte è la sua voce, nel silenzio dei suoi pensieri. Altre volte è la voce di suo figlio, che non c’è più da dieci anni. Non importa come sia successo. Importa che da allora lui continua il gioco. Quello che facevano quando il bambino era piccolo. Camminavano e il primo che vedeva una macchina gialla vinceva. Il piccolo strillava, saltava. Ridevano. Ora lui gioca da solo. Fa finta che il figlio sia lì. A volte lascia che sia il bambino a vedere per primo. Anzi, quasi sempre. Fa in modo che sia lui a vincere. “Gialla!” pensa, come se fosse il ragazzo a dirlo. E sorride, tra sé. La gente lo guarda a volte. Un uomo che fissa il vuoto con un mezzo sorriso. Loro non sanno. Loro vedono solo un uomo. Lui vede due persone. Forse il lutto non è una cosa che si supera. È una presenza che si impara a portare. Come un gioco che non finisce mai. C...

FRATELLI

Parole essenziali, la profondità sta nel lasciare spazio al non detto, a quel tremore che abbiamo dentro quando ci sentiamo fragili, eppure capaci di chiamare “fratello” chi incontriamo sul cammino.  Grazie ad una persona conosciuta da poco (una sorella) mi sono riletto "Fratelli" di Ungaretti.  È corta, cortissima. Ma dentro ci stanno tante nostre domande. C’è questa domanda iniziale: "Di che reggimento siete, fratelli?". Pensa te, in mezzo a quella follia della trincea, alla notte, alla paura che ti si appiccica alla pelle, la prima cosa che viene in mente a un uomo non è "Sei nemico?", ma "Fratelli".  Come a dire: prima di essere soldati, siamo uomini. Prima di appartenere a un esercito, apparteniamo alla stessa fragile condizione umana. E quella parola, "fratelli", lui la descrive come una "foglia appena nata". Mi fa pensare a quando da bambino cercavi di tenere in mano una foglia nuova, così tenera che quasi traspariva la...

COME IMPARARE A LEGGERE LE PERSONE LEGGENDO LIBRI (Leggere per diventare maghi dell'empatia. La rivincita di chi ha sempre il naso in un libro)

I libri sono corsi accelerati di vita. Keith Oatley è uno scrittore e professore di psicologia cognitiva all'Università di Toronto, noto per il suo lavoro sulla psicologia delle emozioni.  Praticamente dice che più leggi libri, più diventi una specie di mago. Insomma, impari a leggere nella testa delle persone.  Tu leggi un libro, ti immedesimi, diventi il personaggio. Che sia una brava persona o un fetente, tu provi a capire perché fa certe cose. E senza neanche accorgertene, fai una palestra della vita. Poi chiudi il libro, esci per strada e… ZAC! Cominci a capire pure la gente vera. Anticipi le mosse, capisci gli stati d'animo. Come se avessi una superpotenza. E qui viene il bello. Perché poi arrivano quelli che ti dicono (almeno a me): "Ma tu stai sempre con la testa fra le nuvole!". E tu invece, in realtà, stai imparando a capire la gente meglio di loro.  Epperò, attenzione. Mica funziona con tutti i libri. Secondo Oatley, non quelli dove già sai come finiscono, ...

LA CULTURA DEL PIRATA DELLA STRADA (L’Egoismo come disturbo sociale: La "Libertà di Uccidere" del Pirata della Strada di uccidere. Chi perde la vita sulla strada è il simbolo di un patto sociale violato. Ne dobbiamo onorare la Memoria con un cambiamento reale)

Troppi tragici casi di cronaca di morti annunciate, pirati della strada che uccidono impunemente cittadini innocenti. Io odio la “cultura” del pirata della strada, tanti incidenti che strappano vite non sono una semplice fatalità.  È il sintomo drammatico di una patologia sociale profonda, un fallimento collettivo che merita un'analisi che vada oltre la colpa penale del singolo. Una cultura 'della libertà' che annulla la realtà umana dell’altro da sé. La 'libertà' di comportarsi in modo socialmente pericoloso non è libertà, è disturbo mentale. Guidare sotto l'effetto di alcol e droghe o a velocità pericolose non è un atto di libertà, ma l'espressione di un egoismo patologico. È l'incarnazione di una mentalità che: 1) Minimizza il rischio ("A me non capiterà mai", "So controllare la situazione");  2) Annulla l'altro, poiché gli altri utenti della strada (pedoni, ciclisti, altri automobilisti) cessano di essere persone con vite, fam...

I RAGAZZI DEL CORTILE (la psicologia delle folle spiegata da un ragazzino)

Mi chiamo Luca. Ho tredici anni. C’è una cosa che ho capito. I ragazzi sono diversi quando sono da soli. Marco, per esempio. Quando viene a casa mia, è tranquillo. Giochiamo con la play. Parliamo. A volte studiamo insieme. È un bravo amico. Poi c’è la scuola. In classe, quando siamo in gruppo, Marco cambia. Lui e gli altri. Io non so perché. L’altro giorno, in cortile. Ero da solo, sotto l’albero. Marco è arrivato con Stefano e Andrea. Hanno cominciata prendermi in giro perché sto sempre solo. Ridevano. Marco rideva più forte. Guardavo lui. Lui non mi guardava. Un’altra volta, a educazione fisica. Dovevamo fare squadre. Io sono l’ultimo che scelgono. Sempre.  Marco era il capitano. Da solo, mi avrebbe scelto. Lo so. Invece ha detto: “Prendo Stefano”. Poi Andrea. Poi tutti. Sono rimasto io. “Allora tocca a te, Luca”, ha detto. Tutti ridevano. Anche lui. A mensa è lo stesso. Se siamo in due, mangiamo e parliamo. Se sono in cinque o sei, cominciano. “Che schifo, ma come caxxo mangi? S...

BRAIN ROT TUNG TUNG TUNG SAHUR (Me lo guardo e canto pure io. Non c'ha senso, è il suono che fa il tuo cervello mentre si scioglie e cola dalle orecchie. Combattono battaglie senza senso. Come noi. Il vero atto sovversivo, oggi, sarebbe leggere un libro in silenzio)

Il "brain rot" è un termine recente che descrive un deterioramento mentale causato da un consumo eccessivo di contenuti online considerati banali, ripetitivi o senza valore, come video brevi e meme. Letteralmente tradotto come "marciume cerebrale", il fenomeno è correlato a una perdita di concentrazione e capacità di pensiero critico. È un concetto diventato molto popolare sui social media per descrivere la sensazione di stanchezza mentale generata dal consumo passivo e continuo di contenuti di bassa qualità.  Il termine è stato reso popolare di recente dai linguisti di Oxford, che lo hanno eletto "parola dell'anno", anche se la sua origine risale alla metà del XIX secolo, quando fu usato da Henry David Thoreau per criticare la svalutazione delle idee complesse in favore di quelle semplici. Contenuti tipici includono video assurdi e generati dall'intelligenza artificiale, meme, contenuti ripetitivi e stimoli visivi e sonori caotici. Tra i sintomi: ...

LA FESTA DI HALLOWEEN E L’APPARTENENZA CULTURALE (L’ipocrisia, amica mia)

Chi mi conosce sa quanto io possa essere “interessato” alla festa di Halloween in Italia. Epperò, quando amici dicono: "Fare una festa che non ci appartiene e che oltretutto è la festa dei defunti..perché???? W le nostre tradizioni", mi sovviene una riflessione. Esistono persone che illuminano la strada con la torcia della Purezza Culturale Italiana™! Grazie per averci ricordato che dovremmo celebrare solo feste che "ci appartengono". Allora, facciamo due conti, dato che il criterio è l'appartenenza culturale: Babbo Natale: simpatico vecchietto cicciotto in rosso che a dicembre vola con le renne. Nato da una campagna pubblicitaria della Coca-Cola negli anni '30, pesantemente influenzato dal folklore nordico. San Nicola era turco, ma il Babbo Natale moderno è americano. Lo cancelliamo dal calendario? O forse lo teniamo perché, ai regali non ci rinuncio? La Festa della Mamma: istituita in Italia nel 1957, ispirata a una celebrazione statunitense. Anche quella ...

DUE RAGAZZI MYSTIC PUNK

Cercavano la festa della vita. Sbagliarono strada e incontrarono domande nuove. Erano attratti dalla morte. L’unica cosa che sembrava vera, in un mondo di merda. Due ragazzi persi nelle catacombe di Sant'Agnese. Cercavano un significato, passando dall'uscita di sicurezza, un viaggio a ritroso. Avevano paura della morte come tutti, ma loro decisero di andare a trovare il proprietario di casa. Volevano vedere che aria tirava. Il fatto era questo: più si identificavano con l'oscurità, più avevano paura del buio. Da piccoli, per dimostrare di non aver paura, ci giocavano. Ma se hai paura, allora non sei veramente dark. Sei solo un essere umano. Sono problemi. La loro era una fase metafisica. L’acne dell’anima. L’attrazione per il macabro è l’ultimo rifugio del desiderio, in un mondo che è stato prosciugato. Cammina cammina, si persero. "Non ci sono più soldi. E la birra è calda." "Una serata di merda." "La migliore." Il buio delle catacombe era più...

OSSERVAZIONI SULLA SCRITTURA NELL'ADULTO DISLESSICO (l'importanza della cooperazione, affinché la correzione diventi un lavoro collettivo e costruttivo)

Spesso, quando si parla di dislessia nell'adulto, si cade in due errori opposti e ugualmente dannosi. Il primo è considerarla una mera "etichetta" scolastica, un residuo di difficoltà infantili superabili con la sola volontà.  Il secondo è vederla come un muro invalicabile, una condanna definitiva a un rapporto conflittuale con la parola scritta.  Entrambe queste visioni ignorano la natura stessa dell'atto di scrivere, che non è solo una prestazione tecnica, ma un'espressione profonda e globale della persona. Osservando un adulto che lotta con la pagina bianca, io non vedo solo un deficit di decodifica.  Vedo un essere umano la cui "spinta vitale", quell'energia vitale che è il motore di ogni apprendimento, è stata forse intrappolata, imbrigliata da anni di frustrazione, correzioni in rosso e il sentimento di non essere "all'altezza" della cultura scritta. Il compito, quindi, non è "ri-educare" partendo dai vuoti, ma "r...

LA SEPARAZIONE DI MAMMA E PAPA’ (A volte gli adulti si perdono per strada e fanno fatica a ritrovarsi. Ma non era giusto per te)

“Il mio dolore più grande è che papà e mamma non stanno più insieme, non sarà mai più come prima. Io non riesco a fare finta di niente, per me è un dolore troppo grande che papà e mamma non stanno più insieme.” Ho trovato questo foglietto dentro il libro di storia di mia figlia. Un dolore espresso con tanta schiettezza, pesante per le spalle di una bambina di undici anni. Sta cercando di dare un senso a un mondo che si è frantumato. Mi chiedo come possa aiutarla. E la risposta, non è nell'aggiustare le cose, alcune cose non si possono aggiustare. Sarebbe stato peggio vivere in una casa piena di urla e piatti rotti. Questo è il primo seme da piantare nel terreno del suo dolore. La verità è che ho cercato di proteggerla da un altro tipo di dolore: quello silenzioso e corrosivo dell'infelicità quotidiana. Un giorno l’ho presa da parte, in un momento tranquillo. Le ho detto: "Ho trovato il tuo foglietto. E ho pianto nel leggerlo, perché è giusto che tu sia triste. È giusto sen...