Il decespugliatore inizia a rombare alle otto e diciassette. Un rumore preciso, familiare.
Mi alzo dal divano, vado in cucina. Accendo la macchinetta del caffè. Due tazzine. Due cialde. Una normale per me. Una decaffeinata, senza zucchero, per te.
Mi appoggio al lavello, guardo fuori. La finestra inquadra il giardino come una vecchia fotografia un po’ sfocata.
Cerco di scorgerti tra il verde, vicino alla siepe che volevi sempre tenere bassa, “così il sole entra meglio”, dicevi.
Apro la finestra. Chiamo il tuo nome. Ma il motore là fuori copre tutto.
Allora esco.
Faccio il giro della casa.
C’è un uomo che taglia l’erba, ha la schiena curva e il viso anonimo di chi entra ed esce dalle vite altrui senza lasciare traccia.
Lo osservo un attimo, come si guarda una scena che non ci riguarda. Poi rientro.
Le due tazzine sono pronte.
Il vapore sottile disegna arabeschi nell’aria.
Ne prendo una e la poggio sul tavolo. L’altra la tengo tra le mani.
È quella per te.
La porto in soggiorno, la poggio sul tuo lato del divano.
Rimane lì, intatta.
Mi siedo.
Ti immagino che arrivi, coi capelli ancora umidi, il passo silenzioso, quel tuo modo di accoccolarti vicino, senza far rumore, come se il mondo potesse rompersi da un momento all’altro.
Ogni mattina, da tre mesi, succede così.
E ogni mattina dimentico.
Non del tutto, ma abbastanza da preparare due caffè.
L’amore non muore con il corpo. Permane come gesto, come rituale.
È il caffè senza zucchero. È il modo in cui controllo la porta, anche se non entrerai più.
È l’ombra che ti siede accanto.
A volte mi chiedo se sia follia. ma l'amore è irriducibile alla logica. Vive nella ripetizione. Nella memoria del corpo.
Siamo creature di gesti. Ma io lo so che non è questo.
È nostalgia.
È il tempo che ha smesso di andare avanti.
È la mia fedeltà all’immagine di te che ancora si muove per casa, parla piano, ride a metà.
Non parlo quasi più con nessuno. Non per scelta. Ma perché le parole mi sembrano sempre inadatte.
La gente si aspetta che tu guarisca.
Che il lutto abbia una scadenza.
Ma tu sei ancora qui. Semplicemente non esisti fuori da questa casa.
Il decespugliatore si ferma.
Il silenzio è improvviso, troppo netto.
Mi alzo, porto via le tazzine.
La tua è ancora piena.
Lavo tutto con gesti lenti.
Asciugo con cura. Domani, lo so, sarà uguale.
Due caffè.
Uno per me.
Uno per te.
E poi il giorno, che passa come se nulla fosse.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, 5/25. A Elena D'Alessio e Lollo. Art by Stephen Stadif)
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