IL MOMENTO DI UN NUOVO SIGNIFICATO (arriva il momento nella vita in cui tutto ciò che prima sembrava importante, inizia a perdere significato. Nella maturità l’uomo è chiamato a vivere la sua verità più profonda. Ma quale verità?)
C’è un momento nella vita che tutto ciò che prima sembrava importante, anzi, fondamentale, indispensabile, inizia a perdere significato.
Te ne accorgi all’improvviso, magari mentre sei in un locale e ti ritrovi a guardare la gente che balla, parla, ride, si agita, e a te non viene che una voglia matta di scappare a casa o andare sulla spiaggia.
È come se il palcoscenico su cui hai recitato per una vita intera, improvvisamente, mostrasse le quinte di cartapesta e i trucchi sciolti.
Jung lo chiama il “processo di individuazione”. A me pare che l’anima, stanca di fare la comparsa, voglia finalmente vivere la sua parte.
Il viaggio non è lineare, ma ciclico, una giostra, a un certo punto, la giostra comincia a rallentare.
Non si tratta più di accumulare, conquistare, dimostrare. A che serve?
Napoleone, Alessandro Magno tutti impegnati a conquistare il mondo, e poi? Poi sono morti come tutti gli altri, lasciando una macchia su una cartina geografica.
Nella maturità l’uomo è chiamato a vivere la sua verità più profonda. Ma quale verità?
Ci aggrappiamo alle cose, alle carriere, alle relazioni, come naufraghi a un relitto, solo per non guardare l’abisso sotto di noi.
Quel senso di vuoto, quella strana inquietudine che ti prende quando tutto tace, non è l’inizio di un risveglio, è la presa di coscienza di essere stati sempre addormentati.
In campagna sento il fruscio dei topi nelle pareti e il ticchettio dell’orologio che conta ciò che resta.
Il mondo fuori perde attrattiva perché è sempre stato una fiera delle vanità.
Uno vuole tornare a casa, ma casa è qui, in questo corpo malconcio, in questa mente piena di ricordi.
L’universo non ha alcun interesse per le nostre piccole tragedie. Siamo il prodotto di cause che non prevedevano uno scopo finale; la nostra origine, la nostra crescita, le nostre speranze e paure, il nostro amore e la nostra fede non sono che il risultato di disposizioni fortuite di atomi.
Non c’è alcun “senso” da cercare là fuori, in attesa di essere scoperto.
Quella ricerca di senso è un’illusione Ma siamo liberi di crearne uno noi.
Quel vuoto che senti è lo spazio vuoto della libertà.
Non so se tutto questo è ragionevole, forse la ragione c’entra come i cavoli a merenda! Qui si parla del cuore, delle viscere. Quello che conta è una carezza a chi ami, ancora un tuffo dallo scoglio della mezzaluna, il calore del caminetto in un giorno d’inverno, il ricordo di un profumo d’infanzia, il castagnaccio di mio padre.
Non è una trasformazione epocale, è la resa dei conti silenziosa con se stessi.
È smettere di inseguire i fantasmi e accontentarsi di essere un po’ più autentici. Senza troppi drammi, senza troppe storie.
Come quando, dopo una lunga giornata di pioggia, ti togli le scarpe bagnate. È solo quello. Il sollievo di essere finalmente quello che sei, senza più dover dimostrare niente a nessuno.
La vita interiore non è un ripiego, ma un territorio da esplorare, l’unico che ci appartiene davvero.
Non so se la nostra verità merita di essere vissuta, so che è l’unica che possiamo vivere, ormai. Il resto è stato solo un lungo, faticoso e a volte divertente equivoco.
La vita è un mistero incomprensibile. Cerchiamo di godercela senza romperci troppo la testa.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, 9/25, a Silvio L. Art by Stephen Stadif)
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