La coppia, organismo complesso che nasce da 2 e diventa 1. Perché siamo qui?
Per il nostro futuro incerto? O per il passato inspiegabilmente sfuggito di mano?
Babele. Ecco, anche noi qui, per cercare il filo di una comunicazione interrotta. Quando?
Ci provochiamo, guardandoci con assurdi sorrisi e cerchiamo il dottore, in una vana alleanza, per non soccombere in questa nostra guerra.
Ci difendiamo dandoci baci che sembrano morsi, giochiamo alla vittima e al carnefice, la pecora è lupo nel gioco seguente e il lupo rimane scuoiato dal terribile cacciatore. Ma chi è il cacciatore? E la pecora? E il Lupo?
Cerchiamo una soluzione, come il porco una ghianda. E' pieno di ghiande, là sotto alla quercia, "ma il porco nel porcile alla quercia non arriva se la gabbia è ostile". Lo diceva nonna Gina. E chi l'ha costruita la gabbia? E chi ha messo in trappola chi?
Nel giorno del riso eravamo felici, così sembrava dalle foto ricordo che abbiamo portato in questo week-end della speranza. Oggi sposi, domani psicosi. Ieri psicosi, oggi sposi.
Lasciarsi è la fine o un punto di partenza?
Osserviamo le nostre confusioni, e le ambiguità portate con eleganza innegabile.
E' complesso il lavorìo di questa deframmentazione. Pezzo a pezzo. E poi si ricompone. Li riconosciamo? Sono i nostri pezzi?
Volevamo crescere. E siamo cresciuti. Aiuto, non si può tornare indietro?
La dipendenza e l'autonomia. L'adulto e il bambino. Un po' io e un po' tu? Ma giochi sempre tu!!
Ti rifaccio la domanda amore mio: vuoi vivere con me?
Il desiderio adesso cresce di ricominciare a vivere con te. Ti ho scelto io 20 anni fa, e so perché.
Ma il guaio è che noi siamo ormai cambiati e tu non vedi che non guardi me ma quella foto di 20 anni fa.
Ma il guaio è che noi siamo ormai cambiati e tu non vedi che non guardi me ma quella foto di 20 anni fa.
Temo le infinite combinazioni del mondo. Non sono certa di voler provare ancora. Proviamo? Proviamo ancora? Ma no, però, tu non guardare lì, quella è una foto; piuttosto guarda me. Io sono qui. Tu dove sei?
Conservare e bruciare, la madre che mi porto dentro, e tu tuo padre, l'ombra sempre grava su di te.
E allora ecco che non siamo un organismo che da 2 poi si diventa 1. Non siamo 2. Noi siamo 4, 100, e molti più.
E quando diventiamo 1, è in quel momento magico in cui si annulla il mondo per non tornare più.
Perché siamo qui? Perché avevamo paura. Perché volevamo conforto prima ancora che un confronto.
Dateci indietro la nostra intimità, e la complicità. Cambiare per non morire? Chi inizia? Inizia tu a cambiare. Ma siamo già cambiati, e chi sta avanti aspetterà? Bisogna esser consapevoli del punto in cui si sta. Sei incastrato? Ok. Paralisi? Va bene. Perché già sapere, è vedere.
Ora occorre modificare gli assetti.
Squilibrio, un nuovo copione, l'incastro perfetto non c'è più. Meglio, troppa perfezione mi faceva male. La delusione, la crisi, l'immagine che supera il reale. Si combatte con immagini che diventano reali. I conflitti irrisolti, perché quel giorno mio padre non guardò la mia esibizione al violino. Ma tuo padre ormai è morto, amore mio. Non è morto, è più vivo di prima. Ed assomiglia allo psicologo che ci sta qui a guardare, sì è lui, lui che ora mi guarda, e che si accorge del mio spazio di pensiero, e tu, sei bella amore mio, e se mi lasci che farò? Te lo dico io che farai. Andrai a casa a preparare la caffettiera per domani. Scemo. Scema. Fine.