"L'amico Martin non vuole più schiavi giù alla piantagione.
Io non ci trovo niente di male.
I miei nonni, i miei genitori, tutti abbiamo avuto schiavi con noi.
Sono cresciuto giocando in cortile di fronte al mercato, e lo ammetto, mi davano fastidio le catene, ma non si può mica farli scappare con il rischio dello sbranamemento dei cani.
Sarò nostalgicio ma saprei riprodurre a memoria tutti i movimenti della vendita, da quando arrivavano coi carri, a quando si preparavano per l'esposizione: entravano tirati a lucido, fino all'asta e alla vendita.
Mio padre era bravo, capiva dai denti e non ha sbagliato mai una selezione:
Li prendevano quasi tutti in salute.
Del resto, cosa dovrebbero fare senza di noi!?
Hanno luoghi, diciamo, confortevoli, di certo meglio delle bestie, mangiano e sono curati.
Senza di noi se ne andrebbero a bighellare come tanti cani randagi.
Per loro è un modo come un altro per procurarsi di che vivere, come per noi accrescere l'economia delle proprietà e della nazione da forgiare.
Non so cosa dire a questi insulsi abolizionisti.
Rispetto tutti.
Ma lasciateci alle nostre tradizioni".
(Simon H.W. Forhans Kentucky, 21 luglio 1862)