La magia è che mi hanno portata via da casa mia.
Io ci stavo bene ma ogni giorno moriva qualcuno e mio padre disse "o tutti o nessuno".
Mi chiamo Aisha, mio padre è scomparso prima che facesse la magia allora sono partita con mio zio, in mare aperto, per cercarlo, salpando su una barca con altri 100.
Il viaggio era lungo e, la notte, la nonna di tutti raccontava le storie a noi piccoli, ma l'ascoltavano anche i grandi.
Ci parlava dei mostri marini che custodivano il passaggio dell'oltremare.
Restavamo in silenzio avvolti dal sogno.
Di giorno giocavamo ai pirati ma il digiuno portò via la voglia di giocare ed ecco allora il sogno anche di giorno.
Mi aiutarono le parole del mio maestro al villaggio, chiusi gli occhi ed iniziai a respirare lentamente, profondamente.
Chi non lo sa, pensa che il lungo tragitto di quando ti portano con i barconi per giorni, sia più facile del deserto libico.
Ma tutto questo mare, da quassù, è più o meno un deserto.
Stavamo morendo di sete.
Ricordo che avevo una forte nausea, sentivo un caldo assurdo, sudavo ed allo stesso tempo avevo la pelle d'oca.
Sapevo che la strada era lunga e non potevo fermarmi, e lasciarmi andare alle onde come Tuk e Ahmed.
Dovevo resistere, e l'unico modo era proseguire il cammino.
Mi focalizzai solo sul mio respiro, chiusi gli occhi e qualcuno mi dava le spinte con il piede, pensavano stessi morendo.
Ma io mi stavo salvando da sola.
Rilassai poco a volta tutti i muscoli, presi a respirare lentamente.
Serve tempo, all'inizio riuscii a fermarmi solo per qualche minuto, poi, a poco a poco, il tempo aumentò.
Il mio desiderio è di tornare a casa, trovare una nuova foresta con i 3 alberi e cose buone da mangiare.
Intanto sono qua, ad aspettare una barca grande di ruggine che forse ci salverà.
Per salvarsi bisogna imparare a respirare con il mare.
(Memorie di un viaggio, Andrea Battantier, il viaggio di Hicham, 2017, Aisha, Mip Lab 16.3)