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GENITORI: COME SONO NATA E PERCHE' (E ALTRE COSE ANCHE SE VADO FUORI TEMA). Ai miei genitori ho chiesto come sono nata e perché. Perché secondo me tutti i bambini primi o poi lo chiedono, magari hanno paura di non essere stati voluti o perché è una fatica crescerli. Quando ero piccola io volevo essere lasciata da sola il meno possibile, pensavo che se ne potevano andare via, tipo il contrario di Pollicino, lui lo facevano perdere apposta, invece io pensavo che i miei uscivano e si perdevano apposta insomma ecco. Poi ho capito che quando mio padre mi teneva sulle ginocchia e mi abbracciava stretta e mi dava i colpetti pure fino a 10 anni dietro la schiena come per farmi fare il ruttino della ninna nanna, insomma poi ho capito che non mi avrebbe mai lasciato. E pure mamma che a volte sembra na pazza arrabbiata rossa in faccia, in realtà poi le passa e quando mi guarda che pensa che dormo per finta, lo capisco che non mi lascerà mai. Non si può avere sempre i genitori vicini, quelli devono pure fare la vita loro e che cavolo mica possono stare sempre ai comodi nostri altrimenti non abbiamo neanche i soldi per comprare le scarpe e i libri e la danza e capirai quante altre cose che fanno per noi con i sacrifici. Io al mattino quando mi alzo li cerco sempre per la casa e me li bacio tutti. Ma certe volte sono loro che mi cercano e mi baciano e certe altre volte ci cerchiamo e ci baciamo e tutti volevamo la stessa cosa, cioè fare capire che ci vogliamo un mondo di bene. Durante la giornata io ci penso spesso, ma è un pensiero da grande, mica piango dentro se non li vedo, so che non ci stanno ma ci sono, come io sono a scuola loro stanno al lavoro. Mica possono sedersi tutto il giorno dietro al banco mio. Tra l'altro mio papà neanche c'entra perché è alto 1 metro e ottanta e mamma è larga come una balenotta quindi proprio non ci possono stare nei banchi di scuola. Quello che conta è che quando ci vediamo ci stringiamo forte per superare i momenti brutti di tristezza e per lottare insieme.
PS: Comunque mi hanno detto che sono nata perché volevano proprio me, e che sono e sempre sarò la cosa più bella e importante. (Memorie di un adolescente, di A. Battantier, 2014, Alessia Z).

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LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

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CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

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(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e