Voglio raccontarvi di quando mio padre cercò di contrastare l'esercito delle formiche nel nostro giardino.
Curava maniacalmente il prato.
Diceva che le formiche glielo stavano rovinando.
Un giorno tornò a casa con una tanica di benzina.
Riempì le tane, poi, il nostro Nerone, appiccò fuoco...alle ortensie blu di mamma e alla veranda di legno.
Nel mentre, i suoi altoparlanti diffondevano nell'aria la cavalcata delle Walkirie.
Ah l'odore di benza al mattino!
Dopo questa prima campagna fallimentare, decise di asfaltare una parte di prato, per creare quella che definì 'la terra di sotto'. Proprio lui, schiavo del prato perfetto, vi rinunciò, in preda alle sue minuscole -si fa per dire- ossessioni.
Scoprì, un anno dopo, che le formiche sbucavano dal prato finto Leroy Merlin, più forti di prima, allora, invitò i suoi amici "generali e colonnelli" del bar, per studiare la questione.
Mio padre non si è chiesto mai: Ma fosse che gli intrusi siamo noi! Del resto, quelle vivevano in giardino da chissà quante generazioni, e noi eravamo lì solo da 3 o 4 anni.
Fu Zurretto a proporre lievito in polvere mescolato a miele, spalmato su pezzi di cartone, da lasciare nei pressi del formicaio. La proposta di Zurretto venne soppiantata da quella di Egidio Ciaccabestia, detto il chimico.
Lo chiamavano per i paesi, ed aveva risolto questioni ben più complesse, come l'invasione di formiche del '76 dentro al comune.
Egidio propose un semplice piretroide, scrisse le dosi, e le istruzioni sul retro di un pacchetto di camel.
Mio padre custodì il pacchetto, neanche avesse sotto mano la formula della bomba H.
Mia sorellina di 5 anni propose a quei sapientoni, di comprare un formichiere, ma nessuno le prestò ascolto.
Io intanto stavo leggendo MILLO PEG E LE MEMORIE DELLA TERRA.
In questo libro illustrato si raccontava che le formiche migliorano la qualità del suolo, contribuendo a disseminare ed interrare i semi delle erbe spontanee mangerecce. Addirittura, secondo Millo Peg (una specie di supereroe a difesa della terra) le formiche sarebbero un importante agente di rimescolamento del suolo, riportando in superficie i nutrienti coi loro scavi e mantenendo così il terreno fertile.
Io avevo 12 anni e cercai di far capire che, senza di loro, il terreno sarebbe stato secco, più duro, più compresso e il prato sarebbe stato meno bello.
Ma ai grandi queste cose non interessavano e, forse, chi non apprezza la vita in un giardino, non può goderne i benefici.
Come Monica Dise, la vicina, una donnina minuta ma forte e caparbia, da tenere testa a tutti questi uomini chiamati a raccolta da mio padre. La Dise fece un'arringa interventista eccezionale.
Anche lei aveva subito un'invasione di formiche nell'aiuola davanti casa.
Disse che milioni di subdole formiche avevano soffocato le sue piante con i riporti di terra. Addirittura avevano occupato l'intera aiuola, rendendo impossibile anche il solo avvicinarsi.
Più volte l'avevano aggredita, coprendole i piedi, le caviglie, le gambe, fino a farla cadere (in realtà la Dise beveva, ma questo era l'alibi perfetto per le sue frequenti sbornie).
Secondo lei le formiche stavano progettando l'invasione del mondo, insieme ai topi.
La prova? Con una lente d'ingrandimento aveva osservato per settimane stuoli di formiche allevare afidi, pronte poi a farsi esplodere sulle piante per eliminare ogni forma di vita sulla terra.
Pensate che mia nonna Carmen, donna di poche parole, alzò gli occhi verso la signora Dise ed esclamò:
"Le formiche allevano afidi?? Ah bè bè, non si finisce mai d'imparare!!".
E si rimise all'uncinetto.
Sorseggiando un bicchiere di birra, generosamente offerto da papà, si alzò, prendendo la parola, il temibile Annibale Tenaci:
"Io ho risolto buttando sopra ai formicai bombe d'acqua scolata della pasta: acqua bollente, amido, sale, bastano 5 trattamenti. Non abbiamo una sola formica, guardate le foto".
E ci passò le foto di quella che sembrava un'arida savana.
Lesta lo riprese la moglie, dandogli un buffetto in testa:
"E bravo scimunito, e allora racconta pure che ci siamo giocati un susino trentennale e due piantine di albicocche! Per non parlare del prato".
Annibale rintuzzò una flebile risposta:
"E va bè, dai...si chiamano danni collaterali".
E riprese a bere sotto al tendone, fulminato con gli occhi dalla consorte incarognita.
"Ma quale acqua bollente, io ho vinto con naftalina sbriciolata -esclamò Sauro Rex- se la prendono pensando sia zucchero e -ah ah- muoiono dalla sera alla mattina. Inoltre profuma il prato, e lo mantiene verde nei mesi caldi".
Poi intervenne il vecchio Lord Livingstone, che aveva fatto anni addietro una vacanza in Amazzonia:
"Perché non le catturate? Quand'ero nella giungla le mangiavamo fritte! Oppure, potete gustarle sotto forma di marmellata. Assomiglia a quella di more".
Il marmista del paese propose la dinamite:
"L'ho usata pure con le talpe, e ha funzionato egregiamente.
Ora al posto del prato ci ho costruito un campo da mini-cross per i nipoti".
"Ma quale dinamite -proruppe la signora Clelia- ci vuole il veleno granulato, quello della Bayer...come si chiama, il...".
"Il Dachaum Delta 9, signora Clelia" -le suggerì in scioltezza Egidio Ciaccabestia, il chimico.
"E sono morte?" Chiese mio padre attento prendendo nota su un taccuino.
Mia nonna alzò lo sguardo verso la signora Clelia e mio padre, aggiungendo:
"Ma và!!!?".
"Marmellata".
"Dachaum Delta".
"Acqua bollente".
"Lievito e miele".
"Naftalina".
"Asfalto!!!".
"Dinamite!! -urlò alzandosi sul tavolo il marmista-, perché le formiche son più crudeli degli umani e per questo vanno sterminate!!!". Il marmista aveva gli occhi infuocati, le vene del collo tirate, tutte in fuori.
Io allora mi permisi, chiamando in causa proprio il marmista:
"Scusi, proprio lei che è del mestiere, perché non ci porta un po' di polvere di marmo attorno al formicaio? Poi ci mettiamo sopra il pepe le formiche ci passano sopra, starnutiscono, sbattono la testa sulla polvere di marmo e muoiono".
Tutti restarono in silenzio, solo mia nonna se la rise, nascondendosi la bocca dietro all'uncinetto.
Tutti gli altri però si arrabbiarono con frasi tipo:
"Ma che ci fanno i ragazzini qui?" "Qui stiamo per lavorare mica per giocare e raccontare barzellette!!!" Mio padre mi mandò via, gridando frasi senza senso:
"Ridi ridi, poi quando le formiche ci mangeranno casa andrai a raccontare barzellette sotto ai ponti".
Avevo 12 anni e quello che compresi da quell'incontro, è che se la Terra stava così male, è per colpa dei grandi.
L'essere umano si arroga il diritto di distruggere, quando ci vorrebbe solo un po' d'amore e protezione.
Il popolo delle formiche è un popolo fantastico! Fuori è il loro regno, lasciatele stare! Vi auguro tanti formicai da poter amare.
(A. Battantier, Memorie di un adolescente, 2017)