Passa ai contenuti principali

IL MIO CANE

Il ricordo di quell’incrocio di sguardi che ha visto nascere il legame più forte, autentico e puro che abbia mai vissuto è dentro di me, oggi come ieri, più vivido che mai. 

A quei tempi io non potevo sapere a cosa sarei andato incontro, ma mi è bastato un suo sguardo, la vista della coda scodinzolante e quegli occhi che mi guardavano e mi chiedevano solo amore.

No, io davvero non potevo sapere che la presenza di quell'essere peloso mi avrebbe travolto e avrebbe sconvolto la mia vita, ogni giorno sempre di più. 

Ma l’ho capito subito, durante i pianti notturni che riuscivo a calmare solo con la sua presenza, nelle passeggiate all’aria aperta, in quei centimetri in più che aumentavano a vista d’occhio.

Non lo sapevo, ma io e il cane, da quel primo incontro, stavamo vivendo una storia d’amore, la più bella. 

Completamente diversa da quelle che conoscevo e che avevo vissuto, perché autentica, pura e onesta come solo lui sapeva essere.

E mentre gli anni passavano, lui era sempre lì, accanto a me. Allegro, forte e generoso in quel sentimento che dispensava senza mai chiedere nulla, a parte attenzione e coccole varie, s’intende. 

Ci è voluto un po’ affinché capissi che, nonostante io fossi suo  "insegnante", tra i due era lui il vero maestro di vita. Perché mi stava insegnando l’amore, la lealtà, la comunicazione oltre le parole. Mi stava insegnando a far battere il mio cuore all’unisono con il suo.

Ma poi l’ho capito che quei momenti di gioia si stavano trasformando in qualcosa che mi avrebbe irrimediabilmente spezzato il cuore. Le corse sono diventate affannate, i grandi occhi nocciola sono diventati più stretti e profondi e le corse veloci al parco hanno lasciato spazio al passo lento e alla stanchezza.

E a nulla sono servite le raccomandazioni di chi mi diceva “guarda che è solo un cane” o peggio faceva previsioni sulla sua vita. 

Perché io non ero pronto a lasciarlo andare, perché nonostante pensassi che lui aveva bisogno di me, la verità è che quello più bisognosa del suo amore incondizionato ero io.

Così ho scattato foto, ho impresso più ricordi possibili, ho urlato il suo nome (Peo!!!), ho pianto di nascosto mentre tenevo la sua zampa in quelle ultime ore e gli assicuravo che sarebbe andato tutto bene. 

E lui mi ha creduto, perché si fidava di me. Perché in fondo quello che desiderava, prima di andarsene per sempre, era vedermi sorridere, così l’ho fatto. E lui a me, come faceva sempre. E mi ha salutato lasciandosi andare in pace.

Io, per ritrovare quella pace, ci ho messo un po’ di più. Perché lo sapevo che in quel momento non stavo perdendo solo un amico, un animale domestico o un cane: io stavo perdendo la parte più bella di me.

Per questo non posso promettere a chi vuole prendere un cane che sarà sempre tutto bello, perché amare qualcuno destinato a invecchiare prima lacererà il vostro cuore e lascerà nella vostra vita un vuoto incolmabile. 

Quello che però posso assicurarvi è che la sua presenza sarà come un tornado che vi cambierà per sempre perché arriverà a farvi esplodere il cuore di gioia e vi insegnerà l’amore come nessun altro essere umano sa fare. 

(Peo Panizzolo) 

Benvenuta in famiglia, Luce! ;)
(Nella foto Pocio)

Post popolari in questo blog

SPESSO IL PUNTO DEBOLE DI UNA PERSONA È SEMPLICEMENTE UN'ALTRA PERSONA

"Ci piaccia o non ci piaccia, l'Altro ha un altro Altro. Talvolta giungiamo a vederlo, ma ci vogliamo illudere che sia sempre lo stesso.  E invece è l'Altro dello Stesso.  Ma lo Stesso non è più lo stesso.  È anche qualcos'altro: l'Altro.  Questo vale anche per noi, ci piaccia o non ci piaccia". (M. Thompson Nati, Paradoxes of ego,1995) "Tu hai ciò che sei.  L'essere si può modificare.  Non farti portare dai tuoi sogni.  Conduci i tuoi sogni alla realtà del tuo essere" (Lao Bu Shem)

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio

(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e