Negli ultimi anni, si è assistito a un decremento significativo nella durata media delle canzoni. Nel periodo compreso tra il 2003 e il 2021, la lunghezza media è scesa di ben 20 secondi, secondo uno studio condotto dal sito americano Quartz.
Questa tendenza coinvolge non solo la musica, ma anche i video, che diventano sempre più brevi.
Le cause di questa trasformazione possono essere ricondotte a diversi fattori, tra cui la crescente perdita di attenzione e concentrazione.
Questo fenomeno rappresenta un riflesso della società moderna, che sembra via via sperimentare una progressiva difficoltà nel dedicare tempo e attenzione prolungata a singoli elementi.
La brevità, in questo contesto, emerge come un mezzo efficace per catturare l'attenzione fugace di un pubblico sempre più disperso, evidenziando una preferenza crescente per formati facilmente consumabili in pochi istanti.
La musica, come forma d'arte, subisce quindi una metamorfosi in sintonia con le mutevoli abitudini dell'ascoltatore moderno.
L'accorciamento delle canzoni potrebbe essere interpretato come un adattamento alle crescenti richieste di immediatezza e velocità nella fruizione dei contenuti, in un'era in cui l'attenzione è un bene sempre più scarso.
Questa evoluzione non è circoscritta al solo ambito musicale ma si inserisce in un contesto più ampio.
Anche i video, veicoli di narrazione visiva, subiscono la medesima pressione verso la concisione, con piattaforme come TikTok che prosperano proprio sulla brevità dei contenuti.
Un ulteriore elemento da considerare è l'invasione pubblicitaria, sempre più pervasiva.
Il rapporto tra la riduzione della durata delle canzoni e l'aumento delle pubblicità emerge chiaramente quando si considera la programmazione radiofonica o le piattaforme di streaming. Canzoni più brevi si adattano meglio a una struttura che mira a massimizzare il tempo dedicato alla promozione di prodotti e servizi.
Un esempio eloquente di questa dinamica è rappresentato dalla trasformazione di emittenti radiofoniche considerate "intellettuali" come Radio 3.
Nel tempo, purtroppo, si è verificato un aumento fastidioso della presenza pubblicitaria.
Un'analoga situazione si osserva nei podcast, come nel caso degli audiolibri di "Ad Alta Voce", dove le puntate brevi sono intervallate da almeno due pubblicità, sempre le stesse, fastidiosissime, posizionate all'inizio e alla fine.
In conclusione, al di là dell'invasione pubblicitaria, riprendendo lo studio Quartz, la riduzione della durata delle canzoni potrebbe riflettere non solo una dinamica legata alla programmazione, ma anche una tendenza più profonda: la perdita di attenzione e concentrazione nella società contemporanea.
L'incapacità di immergersi completamente in un'esperienza prolungata potrebbe costituire il sintomo di una cultura che privilegia la fruizione superficiale a discapito della profondità.
(A. Battantier, Mip Lab)
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