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Il CIELO IN UNA STANZA (GIOVENTÙ BRUCIATA)

Eravamo pischelli, più belli e giovani d'adesso, forse 15, massimo 16 anni. 

I genitori suoi erano partiti al mare, e allora noi ci rintanammo dentro casa, c'avevamo gli spaghetti, qualche chilata di frutta per lei, dei gelati, birrette (tante), e qualche cannetta. 

La chitarra del padre e, in sottofondo, i canarini in gabbia. 

Ahhh!!! E chi stava meglio de noi? Alla sera eravamo mezzi brillocci, sarà stata er ramarro de canna de Tufo (l'amico mio), insomma a na certa mettiamo un cd della madre, con le canzoni vecchie dei tempi loro. 

Ce parte in loop tipo pé du ore: 
'IL CIELO IN UNA STANZA'. 

Ma sto loop me parte pure nel cervello, perché io dopo un po' inizio pe davvero a vedere come un cielo dentro la stanza. 

Infatti lo dicevo a lei: 
"Amò guarda che bello, la canzone ha fatto scenne il cielo pe davero!!'. 

Lei che era fatta più di me rispondeva: 
"Ma davero!??". 

"Amò guarda le nuvolette quanto sò belle, c'è mancano solo l'uccellini, perché non li liberamo pella casa tanto ce sta er cielo?".

Ma non era il cielo, stava annà foco casa, mannaggia a me e alle canne del Tufo spente male sul tappeto.

(Memorie di un adolescente, A. Battantier, 2007)

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