UN UOMO DELLE CONSEGNE (LA MIA STORIA)
Ho un furgone, e ci vivo, 12 ore al giorno.
All'inizio andavo sempre a 2000 e mi prendevano gli attacchi, non ce la fai, ti spremono, ti stanno sempre addosso con la tecnologia e con la psicologia, perché ti fanno capire che sanno tutto di te e dei tuoi spostamenti.
Sono un uomo delle consegne.
Un giorno ricordo solo tanto caldo improvviso addosso, la fretta di consegnare, bisognava andare, poi non ho visto più nulla, sono crollato.
Serve tempo per gestire il tempo, se vai con calma fai le cose meglio e paradossalmente, ci metti meno tempo.
Sennò ti bruci. La fretta è cattiva consigliera.
Epperò è brutto quando sei manovrato come un burattino da chi sta sopra e se ne frega della tua salute.
E se cadi ti passano sopra. Hai sempre il senso di: AVANTI UN ALTRO, e mai: TIENI LA MIA MANO.
Come una scatoletta sullo scaffale.
Hai un codice a barre, non mi chiamavano più neanche per nome ma WR794.
Viviamo in un mondo di merda.
Potremmo stare veramente tanto bene.
E invece a 40 gradi ti chiedono l'impossibile:
"Ha capito Paolo, noi monitoriamo tutto, non fare il furbo!".
E, a parte un attacco di panico, ti può venire proprio un coccolone.
E ti senti in colpa pure se accosti per rinfrescarti ad una fontanella. Ultimamente ho 50 consegne e magari 3 entro mezzogiorno tassativo perché il cliente ha pagato.
Allora le fai prima, senza scompigliarti l'anima però.
Perché mi sono imparato che se arrivo un po' più tardi sempre con il sorriso, vero, dalle persone, lo capiscono il tuo lavoro.
Dovremmo abbracciarci di più, basterebbe anche con gli occhi.
Correre, correre, perché ci spaventa.
Come ci ricorda Lowen, possiamo vedere la nostra paura di vivere nel modo in cui ci teniamo occupati per non sentire, nel modo in cui continuiamo a correre per non incontrarci.
Ps:
Ogni tanto, fermatevi a bere acqua alle fontane.
(Memorie di un lavoro, A. Battantier, Paolo Ubba, 47 anni, mip lab 2020)