L'ANIMA DEL SALESIANO E QUELLA DEL MIO CANE AMATO (C'è chi divide il mondo in esseri "con l'anima" e "senza anima")
Avevo nove anni, e il cortile dei salesiani di Auronzo di Cadore odorava di pioggia, ed erba tagliata. Don Marcello, l’uomo che ci insegnava religione, quel pomeriggio ci riunì sotto il pergolato per la merenda di pane e cioccolata.
“Figlioli,” disse, “l’uomo ha un’anima immortale. Gli animali no. Per questo possiamo disporne.”
Ricordo che tenevo in tasca un sassetto lucido trovato al fiume, che ancora conservo. Lo stringevo forte, come se potesse parlare.
Accanto a noi, seduto sul muretto, c’era Savio, il cane del custode. Occhi di grandi marroni e verdi, coda a scodinzolio lento che sembrava un poderoso elicottero. Ogni volta che lo guardavo, mi sentivo meno solo.
Più tardi andai da Savio e lo accarezzai a lungo. Lui mi leccò la mano, come per dire: “Non ascoltarlo, tu e io siamo fatti dello stesso amore”.
Oggi, a distanza di anni, so che don Marcello era prigioniero di una storia millenaria che ha messo l’uomo su un trono, e tutti gli altri animali in fila per essere usati.
Ma io, in quel cortile, avevo già capito una cosa: l’anima non è un certificato che ti danno al battesimo.
L’anima è quello che brilla negli occhi di un Essere quando ti riconosce.
È la cura di una gatta per i suoi piccoli.
È la pazienza di un asino che ti porta in groppa.
È la paura del maiale che sente avvicinarsi la fine.
Quel salesiano cercava di salvare la mia anima.
Non si era accorto che, in realtà, era la mia anima che stava cercando di salvare lui da un’idea di dio troppo piccola per contenere tutti i viventi.
Oggi so che non servono teologie per capire che siamo tutti uniti.
Basta guardare un cane negli occhi, e trovarci lo stesso mistero che abita i nostri.
Quel mistero non ha nome, non ha religione, non ha padroni.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Memorie di un animale, Mip Lab, ER, 11/25)
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