C’era un gatto, uno di quelli normali, col musetto simpatico e le fusa che sembrano un motorino.
Si chiamava…be’, qui nasce il problema. Per la famiglia Rossi era “Pallina”. Per i Bianchi “Ciccio”. Per i Verdi “Sgombro”. Per i Neri “Principessa”. Sì, anche se era maschio, ma vabbè.
Il gatto, aveva capito tutto della vita. Mentre noi umani ci rompiamo la testa col mutuo e con la spesa, lui aveva risolto: sei case, sei cucce, sei ciotole. Un genio.
La sua giornata tipo: colazione dai Rossi, pennichella dai Bianchi, spuntino dai Verdi, coccole dai Neri. Era un pendolare esistenziale, il pelo ben curato e un’aria da “io so cose che voi umani non potete capire”.
Il problema è che è ingrassato. Arrivato a 8 chili, pareva un cuscino con le zampe. I Rossi, preoccupati, lo portano dal veterinario: “Dottore, Pallina è diventata una palla”.
Ma la verità viene fuori per caso.
Un pomeriggio, Marco, il figlio dei Rossi, incontra Luca dei Bianchi. “Hai un gatto nero con una macchia bianca a cuore?” “Sì, Ciccio!” “Ma no, è Pallina!”. E così, mettendo insieme i pezzi, i bambini scoprono tutto. Sei famiglie, sei nomi, un solo gatto furbacchione.
Alla fine, si riuniscono tutti in cortile, con il gatto in mezzo che si lecca la zappa, serafico. E decidono: da oggi, turni ufficiali. Una settimana per famiglia, con diario delle attività e menù concordato.
Lui, il gatto, li guardava come per dire: “Finalmente mi avete capito. Io non sono di nessuno. Sono di tutti. Anzi, siete voi che siete miei”.
E da allora, vive come un re. Con sei case, sei cucce, e sei nomi che risponde a tutti, purché ci sia da mangiare e stare in pace.
La morale? Forse che la felicità è un po’ come un gatto: se la incaselli, scappa. Se la lasci libera, torna sempre. E magari si porta dietro altri cinque appartamenti.
Ps
Il gatto non ha mai rispettato la regola imposta dai bambini. Altro che una settimana per ciascuno.
(A. Battantier, Memorie di un bambino, Mip Lab, 2002)
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