ISOLAMENTO SOCIALE E GENEROSITÀ. “Mi stanno succedendo tante, forse troppe cose in queste lunghissime settimane. Le famiglie non ce la fanno. Sono chiuse le scuole che ci davano comunque regole e tempi. Hanno chiuso tutti gli spazi dove andavamo. Papà lavora da casa ma non è facile evitare gli spostamenti per chi non è abituato. Pensate che nonna è stata tanti anni chiusa quasi sempre in casa, ed ora si lamenta, sbraita e butta il telecomando in terra perché vuole uscire. L’è presa pure a lei una voglia irrefrenabile di fuga; l'altro giorno abbiamo dovuto fermarla davanti il portone di casa, che va a finire che arrestano pure, poretta, oppure, peggio, si becca il corona, poraccia. E va bene, noi ci proviamo a stare tutti in casa, anche se qualche amico mio cretino ancora esce, ma per fortuna sono sempre meno. Quello che ho capito io è che in questo modo, se deve arrivare il corona, non arriva a tutti subito, ma arriva a qualcuno...anzi a tanti, ma almeno un po' alla volta. In questo modo gli ospedali hanno un po' più di respiro, in attesa che arrivi qualche soluzione o terapia buona. Mio padre dice che dobbiamo stringere i denti, dobbiamo resistere e dobbiamo inventarci nuove cose da fare. E’ che mi mancano maledettamente i miei amici, oltre che la mia ragazza. Ti accorgi di tante cose quando non ce l'hai più. Prima ricordo che passavamo le ore alla fontana con i cellulari per i fatti nostri. Adesso invece vorremmo tutti quanti vederci e quando chattiamo su WhatsApp video si capisce che siamo tristi perché vorremmo abbracciarci, darci le spintone e fare gli scemi come una volta. Accidenti quanto è bello stare insieme agli altri, mi sa che noi non siamo fatti per stare da soli. Io, almeno, non potrei proprio vivere da solo, mi manca Marta e mi mancano i miei amici. Ma stiamo facendo solidarietà, stiamo cercando di proteggere persone che non conosciamo, quindi stiamo superando dei nostri egoismi. Ad esempio l'altro giorno i miei amici ed io ci siamo arrabbiati con un amico del gruppo, e non posso fare il nome. Se n’è fregato, è uscito, ha scavalcato il parco per andarsi a fumare canne con altri due amici cretini. Per fortuna il padre è venuto a pigliarlo, gli ha urlato, gli ha fatto scavalcare il cancellone e l’ha riportato a casa a calci in culo. Lui si è offeso con noi perché abbiamo fatto la spia. E sticazzi! Il fatto è che quando stai a casa in isolamento, all'inizio sembra che puoi fare quello che vuoi, ma poi ti senti addosso una malinconia, tutto grigio dentro, ti senti depresso insomma. Come mamma, che guarda fuori alla finestra e mi fa una grande tenerezza perché lei è abituata a uscire e ha sempre fatto tantissime cose, sia per noi, sia per lei, tipo la scuola di ballo o il gioco di carte con le amiche. Il fatto è che quando stai con gli altri ti senti più forte, perché puoi scaricare su di loro lo stress e tutte le insopportabili sofferenze della vita. Invece ora mi sento tutto il mondo addosso e non posso neanche scappare. E dove scappo? Dalla stanza da letto al bagno? Dal bagno al salotto? Forse potrei trovare rifugio sul soppalco, ma tanto il mondo addosso ti trova sempre se non hai qualcuno con il quale parlare, che sappia ascoltarti, che possa abbracciarti con il cuore in mano. Però sto cercando di essere ottimista. Perché in questo periodo ho scoperto i veri amici e si è rinforzato ancora di più il mio amore con Marta. Ci parliamo, ci sentiamo tante volte al giorno, e siamo sicuri che quando ci incontreremo potremo abbracciarci veramente, e sarà bellissimo. E poi c'è da dire che in casa ho la possibilità di recuperare il rapporto con la mia famiglia. Per esempio ho ripreso a parlare con mio padre, cerco di essere carino con mia madre e l'aiuto a fare biscotti e altre cavolate che a me non piacerebbe fare, epperò mi fa piacere farle con lei. E poi ascolto nonna e tutti i suoi racconti che mi fa di quando era giovane e di quando per loro la lavatrice era fontana con le amiche, e quando cucivano tutte insieme e facevano la spesa al mercato all’aperto, altro che centri commerciali. E poi dice che sua madre per andare a scuola ci metteva un’ora a piedi e con gli amichetti andavano tutti insieme. Mi piace ascoltare i racconti di nonna. Un giorno questi racconti saranno per miei figli, quando lei non ci sarà più, ma in qualche modo vivrà attraverso queste sue storie d’infanzia. Quello che serve è un po' di ottimismo, sapere che prima o poi passerà e saremo più forti di prima. Come ho detto prima, c'è una cosa che mi dà la forza di andare avanti. E questa cosa si chiama generosità e altruismo, cioè sapere che questo sacrificio serve a salvare tante persone e ad aiutare i medici e gli infermieri. Sono loro che in questi tempi stanno facendo tutto il possibile per farci uscire da questa crisi”. (A. Battantier, Memorie di un adolescente, 2020, Peppe Balordo, 17 anni).
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