Passa ai contenuti principali

"NON CERCO MAI DI MIGLIORARMI". "E FAI MALE PAPÀ!"

Mio padre se ne stava ore ed ore nel suo laboratorio, una stanza all'interno della nostra stessa casa.

So solo che io e mia sorella siamo stati fino a 20 anni insieme in camera perché a lui serviva questo laboratorio.
Ricordo ancora la scritta all'ingresso: VIETATO ENTRARE.
Era tutto un programma.
Creava piccole sculture, lavorava i sassi per mesi, e il legno, dipingeva, scriveva. Non voleva essere disturbato.
Ad un certo punto si mise a suonare il sassofono ed  insonorizzò quella stanza segreta dei sogni.
Una volta entrai  di nascosto.
Era un periodo bruttissimo di piogge, scuola chiusa, io me ne restai sotto le coperte.
Trovai la chiave nascosta dentro uno scarpone e feci una visitina in questo suo regno.
Mi colpì molto una frase che campeggiava in alto, come fosse lo stemma del suo essere:

"Non cerco mai di migliorarmi o di imparare qualcosa, rimango esattamente come sono. Non sono uno che impara, sono uno che evita. Non ho voglia di imparare, mi sento perfettamente normale nel mio mondo pazzo; non voglio diventare come gli altri. (Bukowski)".

Trascrissi velocemente quella frase sul mio taccuino, credendo fosse la formula segreta per la felicità.
Già dopo un anno questa frase iniziò a farmi cagare.
Sì perché, un conto è adattarsi in maniera passiva alla bieca e conformista società, un altro invece è cercare il perfettibile, portando avanti un processo interiore di scoperta di noi stessi.
Forse quello che faceva lui in laboratorio ma, allora, perché quella frase? Comunque a vent'anni, prima di lasciare l'Italia (mi trasferii in Olanda) glielo chiesi quale fosse per lui il significato della frase di Bukowski.

E lui mi rispose:
"Era una cazzata. Sai, Jamma, è molto difficile l'arte della flessibilità senza perdere noi stessi".

Io risposi:
"Papà, non potevi attaccarci questa frase tua su in alto, invece che quella stupidaggine di Bukowski? Mi hai fatto perdere degli anni appresso a quella frase. È molto meglio la tua".

E ci abbracciammo stretti.

(Memorie di un adolescente, A. Battantier, 2016, Jamma, 28 anni)

#memoriediunadolescente #memoriediunamore
#modelloidealedipartner #mipa
#modelloidealedipersona #miplab #andreagiovannibattantier #battantier



Post popolari in questo blog

SPESSO IL PUNTO DEBOLE DI UNA PERSONA È SEMPLICEMENTE UN'ALTRA PERSONA

"Ci piaccia o non ci piaccia, l'Altro ha un altro Altro. Talvolta giungiamo a vederlo, ma ci vogliamo illudere che sia sempre lo stesso.  E invece è l'Altro dello Stesso.  Ma lo Stesso non è più lo stesso.  È anche qualcos'altro: l'Altro.  Questo vale anche per noi, ci piaccia o non ci piaccia". (M. Thompson Nati, Paradoxes of ego,1995) "Tu hai ciò che sei.  L'essere si può modificare.  Non farti portare dai tuoi sogni.  Conduci i tuoi sogni alla realtà del tuo essere" (Lao Bu Shem)

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO

LETTERA ALL'AMICO IMMAGINARIO. "Caro amico speciale, è da tanto tempo che ci conosciamo, e anche se ora ho quasi 30 anni, io di te continuo a fidarmi come quando avevo 4 anni. Ricordi? Avevo paura la notte, temevo il mostro Pallone, e allora, per farmi forza t'invocai, e tu arrivasti con la spada del manga mio preferito. I miei erano contenti, finalmente non dovevano più alzarsi di notte, perché tanto c'eri tu. Oddio, a dire la verità, i miei non si scomodavano nemmeno prima, ecco forse perché poi sei arrivato tu. Ti ho chiamato Ted, ma il tuo secondo nome era Guardiano. Poi alle medie diventasti Guardian e Warrior, sai, stavo imparando le lingue. Quello che mi ricordo è che io non volevo proprio che ti scoprissero, e non ne parlavo con nessuno. Sono stato bravo vero? Quando parlavo tra me e me, e mi dicevano: "Con chi parli Alfredo?". Io li fregavo sempre, rispondendo: "Parlo tra me e me", ma mica ti tradivo. Poi per fortuna ho scoperto alle elem

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE

CHI TROPPO MOLTO NULLA NIENTE. "Che poi è il problema mio. Io voglio tanto troppo e alla fine non ottengo nulla. Forse dovrei accontentarmi, ma non nel senso del rassegnato. Bu, non so. Forse quello che ho mi dovrebbe bastare per darmi la carica per andare avanti senza soffrire per quello che non ho. Insomma me sò incartato. Voglio dire, dovrei usare quello che ho per andare avanti, altrimenti resto sempre a mani vuote, con questo senso di lamentela e di tristezza che mi assale perché non ho le cose, perché non ho raggiunto me stesso. Ma me stesso eccolo, son io, son qua. Ho  problemi con il concetto di fallimento, perché tante volte mi sono trovato ad intraprendere dei percorsi. Per poi finire nei burroni del fancazzismo, nelle selve delle indecisioni perenni. Non mi ero mai chiesto però quanto dipendesse da me, e dalle mie posizioni iniziali, ovvero volere la luna senza neanche essere sceso dal letto. Vuoi qualcosa? Inizia a trovare le ciabatte, inizia a vestirti, in

Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio

(Dedicato a mio padre e al papà di Antonio Leotti) Me ne sono andato pensando all'errore di lasciare solo mio padre, Antonio Gennaro Battantier, nato a San Casciano dei Bagni, agricoltore, uomo retto e gran lavoratore. Ho cercato per anni la perfezione, seminando errori, che poi ho coltivato, cucinato e mangiato. Mio padre da me si aspettava ben altri raccolti. Mi chiamo Andrea Giovanni Battantier, psicologo in un Consultorio, e sono ossessionato da mio padre, che un bel giorno lascia tutto in campagna e si mette a cercarmi, finendo barbone. E' stata mia la colpa? Io me ne partii per rinascere uomo. Lui per morire da bambino che non fu. Mio padre che non mi parlava, e mi scriveva belle lettere con la sua penna antica. Io leggevo quei pesanti fogli e sì, mi commuovevo, ma mai una volta poi trovai il coraggio di rispondere. Io parlavo bla bla bla, e lui scriveva ccccccccccc. Io un bel giorno lo trovai sulla panca del mio Consultorio, con la barba e quel suo essere ormai sperso e