Nazim Hikmet, detenuto per motivi politici,
dedicò questa poesia a sua moglie che lo venne a trovare in carcere.
Benvenuta, donna mia, benvenuta!
Certo, sei stanca,
come potrò lavarti i piedi,
non ho acqua di rose né catino d’argento.
Certo, avrai sete,
non ho una bevanda fresca da offrirti.
Certo, avrai fame
ed io non posso apparecchiare
una tavola con lino candido.
La mia stanza è povera e prigioniera
come il nostro paese.
Benvenuta, donna mia, benvenuta!
Posasti il piede nella cella
ed il cemento divenne prato
Ridesti,
e rose fiorirono le sbarre
Piangesti,
e perle rotolarono sulle mie palme
Ricco come il mio cuore,
cara come la libertà
è adesso questa prigione.
Benvenuta, donna mia, benvenuta!
(Nazim Hikmet, Poesie d'amore)