Nel cuore dell'attuale dibattito sull'istruzione mi trovo a riflettere sulla pervasiva presenza del capitalismo nell'ambito educativo.
Questa penetrazione sottile, ma insidiosa, ha trasformato le scuole in fabbriche di competenze, relegando la creatività e la centralità degli studenti sull'altare della produttività.
In questo mondo in cui abbracciamo con entusiasmo concetti come "competenze" e "innovazione organizzativa e didattica," spesso dimentichiamo di interrogarci sul contesto normativo che ha generato questa corsa all'apprendimento quantificabile.
Le istituzioni educative, un tempo luoghi di crescita e sviluppo personale, sono state trasformate in prigioni di un curricolo rigidamente definito.
I bambini e i ragazzi, i veri protagonisti di questo percorso, sono trattati come merce esposta sul mercato del "capitalismo educativo," dove il loro valore è misurato in termini di rendimento standardizzato.
Siamo arrivati al punto in cui i numeri e le statistiche hanno preso il sopravvento sulla qualità dell'educazione, trascurando l'essenza stessa di ciò che dovrebbe essere il processo educativo.
Le tecnologie, con la loro seducente promessa di progresso, hanno infiltrato le aule, trasformandole in sale d'attesa per la didattica digitale integrata.
Nel farlo, hanno perso di vista la centralità degli studenti.
Gli E-Portfolio, una volta potenziali strumenti di riflessione personale, sono diventati trofei nelle vetrine delle ITS Academy, dimenticando che gli studenti sono esseri umani con sogni e aspirazioni, non numeri da accumulare in archivi digitali.
In questa corsa all'innovazione, i divari tra chi ha accesso alle opportunità educative e chi no si ampliano sempre di più.
L'orientamento diventa una mera strategia di marketing per campus formativi, e la didattica laboratoriale, un tempo luogo di scoperta e creatività, è stata svuotata di significato, ridotta ad una checklist di competenze.
Addirittura, l'alternanza formativa, un'opportunità che dovrebbe contribuire alla crescita personale degli studenti, si è trasformata in un'alternanza tra il territorio e un mondo del lavoro disumanizzato.
Gli studenti si trovano relegati a ombre grazie al cosiddetto inquietante sotterfugio da sfruttamento denominato "JobShadowing."
È giunto il momento di un'innovazione che metta al centro la dignità degli individui, che ponga fine all'orientamento narrativo dell'educazione come mero strumento di empowerment per il capitalismo.
Dobbiamo tornare all'essenza dell'Umanità nella Scuola di Domani, riscoprendo la bellezza dell'apprendimento per il suo valore intrinseco, non solo per la sua utilità economica.
Non siamo numeri, non siamo clienti, non siamo carne da profitto.
Siamo esseri umani, e la Scuola di Domani ha il dovere di ricordarlo.
È tempo di restituire ai bambini e ai ragazzi la centralità che meritano.
Solo allora potremo costruire una scuola capace di preparare le nuove generazioni per un futuro in cui la loro vera essenza possa maturare senza restrizioni.
La Scuola di Domani deve essere una scuola di Umanità, in cui ogni individuo sia libero di esprimere se stesso, di coltivare la propria creatività e di sviluppare le proprie potenzialità senza limiti imposti da un sistema che ha dimenticato il suo scopo originario: l'educazione delle menti e dei cuori dei giovani.
(A. Battantier, La Scuola di Domani, 2023)
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