Irene si sedette sulla panchina della clinica (amava le panchine, erano parte della sua idea di casa), fissando il vuoto con occhi annebbiati dalla stanchezza e dai farmaci.
Aveva ripetuto quella frase che le frullava in testa:
"Se sei abbastanza sano di mente da sapere che sei pazzo, non sei così pazzo come se pensassi di esser sano di mente". Ce la farò?
Ricordava quando sarebbe arrivato Loris, il suo vecchio amico, l'ex compagno di bevute.
Una vita fa, insieme avevano affrontato notti folli e risate strazianti.
Ora Loris sembrava aver trovato una via d'uscita. Lavorava, aiutava gli altri e Irene sperava che potesse aiutare anche lei a uscirne.
La vita di Irene si era sbriciolata come un bicchiere caduto a terra.
Il lavoro era andato perso, gli amici erano spariti, la famiglia l'aveva abbandonata (se mai c'era davvero stata).
Lei stessa si era abbandonata a chi prometteva momenti di oblio, rubandole in tacito patto la coscienza.
Pensò a Loris. Lui ce la stava facendo, si era preso cura di sé.
Irene lo amava in cuor suo, ma nulla doveva trapelare. Non poteva permettersi di mostrare quanto avesse bisogno di lui.
Voleva sembrare forte ma dentro di sé temeva di impazzire.
Perché la testa sbatteva così pesantemente sulla logica? Perché l'equilibrio le sfuggiva come sabbia tra le dita?
Il sole calava lentamente all'orizzonte, colorando il cielo di tonalità arancioni e rosse.
Irene aspettava, sperando che Loris arrivasse presto, che portasse con sé la chiave per uscire da quel labirinto che lei stessa aveva creato.
La panchina era fredda, il suo cuore lo era ancora di più. In attesa di Loris.
(A. Battantier, Irene, 15 storie d'amore e la fiaba di Hélène, 2003. Art by Stephen Stadif)
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