Secondo Eraclito “éthos anthrópoi dàimòn”, il carattere o l'indole determinano il destino dell'uomo.
Eraclito riporta dentro il cuore dell'uomo ciò che in Omero ne condizionava le azioni dall'alto e da fuori: la volontà degli dei.
Eraclito, nel frammento 119 DK, offre uno spunto profondo sulla natura umana.
Traducendo "éthos anthropoi daímòn" come "Il carattere è il destino dell'essere umano," emerge una dualità: agire in accordo con il daímòn forgiando il proprio destino o essere vincolati a un destino predeterminato dal proprio daímòn personale.
Eric R. Dodds, in "I Greci e l’irrazionale," introduce il concetto del "terzo demone," legato a un individuo dalla nascita, plasmando in parte o completamente il destino. Questa prospettiva suggerisce un legame tra l'essere umano e un fato determinato dal proprio daímòn.
Tuttavia, considerando daímòn come "realtà psichica," i suggerimenti del daímòn diventano "interventi psichici," e interpretando éthos come "legge," emergono nuove prospettive:
"La propria realtà psichica è legge" o "La propria realtà interna è legge" per l'essere umano.
Giorgio Colli traduce daímòn come la natura profonda dell'essere umano, il carattere, l'indole, la qualità identitaria.
Da ciò scaturisce:
"La propria qualità interiore, per l’uomo, è un demone."
Emerge l'idea dell' "ospite inatteso" o del daímòn, visto come un invisibile abitante del nostro involucro corporeo.
Colli sottolinea l'importanza che Eraclito attribuisce al sentire corporeo, fondamento della conoscenza, superando il limite del pensiero razionale nel comprendere la molteplicità del mondo esterno.
Eraclito invita a riconoscere l'interiorità nella conoscenza, affermando che anima, "inconscio", unità e saggezza, sono ciò che portiamo dentro noi stessi, al di là di ciò che vediamo o prendiamo esternamente.
(A. Battantier, Mip Lab)
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