Dicevano i latini: "Aliena vitia in oculis habemus a tergo nostra sunt", abbiamo sempre negli occhi i difetti degli altri, mentre i nostri li teniamo dietro le spalle.
Questa antica saggezza ci parla di un fenomeno umano universale: la tendenza a focalizzarci sulle mancanze altrui, ignorando o minimizzando le nostre.
La frase di Fedro, "Hac re videre nostra mala non possumus alii simul delinquunt censores sumus", ovvero, "in questo modo non possiamo vedere i nostri mali; appena gli altri sbagliano, siamo censori", rinforza questo concetto, evidenziando l'inclinazione a giudicare aspramente gli altri mentre siamo indulgenti con noi stessi.
Questo comportamento è radicato in vari meccanismi mentali che si intrecciano per proteggere il nostro ego e mantenere un'immagine positiva di noi stessi.
Tra questi, la dissonanza cognitiva gioca un ruolo cruciale.
La teoria della dissonanza cognitiva, proposta da Leon Festinger nel 1957, sostiene che le persone cercano di mantenere coerenza tra le loro credenze, atteggiamenti e comportamenti.
Quando ci troviamo di fronte a informazioni che contraddicono la nostra immagine di noi stessi, proviamo disagio e cerchiamo di ridurre questa dissonanza in vari modi, tra cui ignorare o giustificare i nostri difetti, mentre ci concentriamo su quelli degli altri.
Le "due bisacce di Fedro" sono una metafora che illustra questa dinamica: una bisaccia davanti a noi, piena dei difetti altrui, e una dietro, che contiene i nostri.
Non vediamo, o meglio, non vogliamo vedere i nostri errori, mentre siamo pronti a puntare il dito contro quelli degli altri.
Questo è un chiaro esempio di meccanismo difensivo, concetto sviluppato da Sigmund Freud e successivamente elaborato da Anna Freud.
I meccanismi di difesa, come la proiezione, ci permettono di evitare l'ansia e il disagio associati alla consapevolezza dei nostri difetti.
Proiettando le nostre mancanze sugli altri, possiamo mantenere intatta la nostra autostima.
L'orgoglio e la permalosità contribuiscono ulteriormente a questo quadro.
L'orgoglio, un senso di autostima e valore personale, può trasformarsi in una barriera che ci impedisce di riconoscere i nostri difetti.
La permalosità, la reazione eccessiva a critiche o insulti, è spesso un segnale di insicurezza sottostante.
Quando siamo troppo concentrati a difendere il nostro orgoglio, diventiamo ciechi ai nostri errori e difetti.
Il narcisismo, un altro concetto chiave della psicologia, accentua questa tendenza.
Il narcisista, per definizione, ha una visione grandiosa di sé stesso e difficilmente accetta critiche o difetti.
L'egoismo e la presunzione creano una barriera mentale che impedisce l'autocritica e l'introspezione.
Ma perché, nonostante la consapevolezza di questi meccanismi, continuiamo a cadere nella trappola di giudicare gli altri più severamente di noi stessi?
Parte della risposta risiede nella nostra natura sociale.
L'uomo è un animale sociale e, come tale, ha bisogno di sentirsi parte di un gruppo. Puntare il dito contro i difetti altrui può servire a rafforzare il senso di appartenenza a un gruppo, distinguendo tra "noi" e "loro".
Questo comportamento può essere visto come una forma di difesa collettiva, dove la critica agli altri serve a rafforzare l'identità e la coesione del gruppo.
Infine, dobbiamo considerare il ruolo della cultura e dell'educazione.
Fin da piccoli, siamo spesso incoraggiati a competere e a confrontarci con gli altri, piuttosto che a collaborare e a riflettere su noi stessi.
Questa competizione può alimentare l'abitudine di cercare difetti negli altri per sentirsi superiori.
Inoltre, la società moderna, con la sua enfasi sull'immagine e il successo personale, può incentivare la negazione dei propri difetti e l'esaltazione delle mancanze altrui.
La nostra tendenza a vedere i difetti degli altri e ignorare i nostri è radicata in complessi meccanismi psicologici e sociali.
Riconoscere e comprendere questi meccanismi è il primo passo verso una maggiore autoconsapevolezza e, in ultima analisi, verso una società più empatica e comprensiva.
La saggezza dei latini e di Fedro ci invita a guardare dentro di noi con la stessa attenzione con cui scrutiamo gli altri, un invito che, se accettato, potrebbe trasformare non solo il nostro rapporto con noi stessi, ma anche con il mondo che ci circonda.
(A. Battantier, Mip Lab, 2015)
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