Una leggera foschia sfumava i contorni delle case e le promesse inconsistenti.
Si era svegliato con un vuoto nel petto, non riusciva a spiegarsi, un’ombra gli gravava addosso senza una ragione apparente.
Era un malessere indefinito, fissava il soffitto a letto, chiedendosi se fosse normale sentirsi così.
Non era una questione di incapacità, epperò c’era un impulso ad ottenere qualcosa che sembrava sfuggirgli sempre, come se l’abisso del nulla fosse lì, pronto ad inghiottirlo.
Masochismo o auto sabotaggio, esiste un modo per ricominciare?
Quel giorno uscì di casa senza salutare, camminando verso la stazione con passi decisi, dentro sentiva una frenesia incomprensibile, un’inquietudine che lo divorava.
Alla stazione c’era una donna che suonava una fisarmonica, forse un organetto.
La musica riempiva l’aria con note che sembravano riflettere il suo stato d’animo.
Si fermò un momento, ad ascoltare.
"Grazie," disse alla donna, lasciando cadere qualche moneta nel suo cappello.
Lei lo guardò, non disse nulla, ma gli mando un bacio soffiato sulla mano.
Salì sul treno senza sapere dove sarebbe andato, cioè sì, aveva fatto un biglietto volante per Montevarchi, ma era quello che partiva prima.
Si sedette vicino al finestrino e osservò il paesaggio scorrere veloce, la sua mente era altrove, persa in domande senza risposte.
Due ore più tardi si trovò in una piccola città che non aveva mai visitato.
Uscì dalla stazione e iniziò a camminare senza una meta.
Si imbatté in un piccolo giardino pubblico, i giardini Margherita, dove bambini giocavano e anziani sedevano sulle panchine.
Si fermò davanti a un’aiuola di fiori, assorto nella loro bellezza semplice e pura.
“Guardare i fiori e le piante aumenta il piacere del cervello,” gli aveva spiegato un amico.
E lì, davanti a quel’aiuola, sentì una sorta di consolazione.
Quel bacio alla stazione soffiato dalla donna della fisarmonica, o forse organetto, gli sembrava ora un segno.
Siamo lontani, pensò, io e quella parte di me che cerca sempre di ottenere qualcosa.
Ho tutto il diritto di parlare con me stesso, di darmi il tempo di comprendere che provare non basta.
Eppure, non posso preoccuparmi troppo di quello che potrebbe essere o non essere.
Ognuno, a suo modo, deve trovare la propria strada.
Iniziò a guardare i fiori e le piante, perdendosi nei colori e nelle forme.
Provate anche voi, pensò. Prendetevi qualche decennio prima di giudicare, prima di decidere che è finita.
Perché la vita non è una corsa al successo, ma un viaggio alla scoperta di se stessi, che ci porta a fermarci e guardare il sole, i fiori e le piante.
Capì che aveva finito qualcosa di importante quel giorno.
Aveva trovato una nuova comprensione di sé, una pace che non sapeva di cercare, né di avere.
In avanti, sapeva che avrebbe dovuto fare delle scelte, ma ora sapeva che, qualunque fosse il risultato, aveva il diritto di vivere con tutte le sue fragilità e le sue forze.
Mentre tornava alla stazione, si disse: "Sta di fatto che sono qui. E questo, per oggi, è abbastanza”.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, Irma Di Benedetto, 2022)