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I GATTI E LO YOGA

Nella vecchia casa di mattoni rossi, con le finestre a piccole vetrate che si affacciavano sul giardino incolto, quattro gatti osservavano con aria annoiata i loro umani impegnati in goffi tentativi di yoga. 

Era un pomeriggio di mezza estate, e il sole filtrava attraverso le tende semichiuse, creando giochi di luce sul pavimento di legno lucidato.

Sulla moquette del soggiorno, in mezzo a tappetini colorati e cuscini sparsi, i due umani si contorcevano seguendo un tutorial, visibile su uno schermo minuscolo di un cellulare appoggiato su una pila di libri. 

Bastille si stese comodamente sul divano, le zampe anteriori distese in avanti e le vibrisse appena mosse da un soffio d'aria:

"Che pena," pensò, socchiudendo gli occhi. 

"Non li posso vedere in questo stato. Sono esseri incapaci".

Nel frattempo, Ghepi, il longilineo gattino giovane e irrequieto, osservava con curiosità i movimenti scoordinati dei due umani:

"Ma ti rendi conto," disse rivolto a Bastille, "che non riescono nemmeno a leccarsi il culo? Lei sono anni che ci prova, eppure noi glielo facciamo vedere come si fa ogni giorno".

Nia, una graziosa gattina grigia certosina, si avvicinò con eleganza al centro della stanza e iniziò a leccarsi con sfrontata precisione millimetrica: 

"L'altro giorno," aggiunse con tono vagamente condiscendente, "mi sono leccata a tavola mentre mangiavano la pasta. Pensavo che finalmente avrebbero capito l'arte della flessibilità, ma non ci arrivano. Che vuoi farci, sono umani, poveracci".

Momò, il maestoso gatto bianco e nero dalle zampe potenti, sbadigliò rumorosamente: 

"Vedi Nia," rispose, "è inutile. Loro continuano a contorcersi come serpentelli feriti, pensando di migliorare la loro pratica. Ma la verità è che sono solo imitatori maldestri. Non capiscono che la grazia è innata, non si impara!".

Gli umani, sudati e concentrati, provavano a seguire le istruzioni del video, alternando posizioni improbabili e smorfie di sforzo. 

"Guarda quello," continuò Nia, puntando un orecchio verso l'umano maschio che tentava una posizione di equilibrio. "Si crede un contorsionista, ma sembra solo un scarafaggio cappottato!".

"Siamo troppo superiori," concluse Momò con aria di supremazia. "Forse un giorno capiranno che non possono eguagliarci. Fino ad allora, non ci resta che osservare e ridere".

Tra una stiracchiata e l'altra, i gatti continuarono a osservare gli umani, sghignazzando tra loro e scambiandosi sguardi d'intesa. 

Erano consapevoli della propria superiorità e si godevano quel momento di svago, mentre il sole tramontava lentamente dietro i vetri polverosi della vecchia casa di mattoni rossi. Tra poco sarebbe finita quella pagliacciata dello yoga e sarebbe arrivata l'ora della pappa.

(A. Battantier, Memorie di un amore, Memorie di un animale, 2024)

#memoriediunamore 
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