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DEPRESSIONE: L'ANIMA CADE E CHIEDE ASCOLTO (Fermarsi, scendere, ascoltare. La depressione chiede lentezza, silenzio, umanità)

Le formule motivazionali "all'americana", mal funzionano con la depressione, che appare come un difficile enigma insopportabile.

"Pensa positivo", "Reagisci", "Non ti manca niente", "Pensa a quelli che soffrono davvero", "Avessi io quello che ha tu":

Queste frasi, dette con la leggerezza di chi non ha mai davvero toccato l’abisso, tradiscono una profonda incomprensione della psiche.

La depressione non è solo e necessariamente debolezza, ma il risultato di una complessa dinamica interiore: è la manifestazione di un sentimento di inferiorità che, anziché essere superato con uno slancio creativo verso il mondo, implode, creando un vuoto paralizzante.

Occorre guardare alla depressione non come a un errore da correggere, ma come a un linguaggio dell’anima (James Hillman).

Quando tutto si spegne, quando il piacere si ritira, quando ogni gesto quotidiano diventa una fatica immane, non siamo di fronte a un semplice malfunzionamento biochimico, bensì all’irruzione di una necessità psichica: fermarsi, scendere, ascoltare.

Non sempre l’anima vuole che si corra verso la guarigione. Talvolta richiede il coraggio di restare nella discesa.

Nel magma delle testimonianze raccolte, i farmaci, la solitudine, il senso di colpa instillato da chi non capisce, emerge una verità crudele: spesso chi soffre si sente doppiamente malato, prima per il dolore stesso, poi per l'incomprensione ricevuta.

La depressione, come molte malattie della psiche, è invisibile agli occhi.

Ma il dolore invisibile non è meno reale di una frattura ossea: anzi, talvolta è ancora più devastante proprio perché non trova rispecchiamento esterno, non incontra l’empatia, non ottiene un diritto di cittadinanza nella vita sociale.

La mancanza di sentimento sociale, l’incapacità di percepirsi come parte di una comunità che sostiene e accoglie, aggrava profondamente lo stato depressivo.

La solitudine interiore non è un destino naturale, ma il frutto di relazioni che falliscono.

Forse la depressione stessa chiede questa solitudine, perché il vero interlocutore da trovare non è l’altro, ma il proprio Sé più profondo, la propria radice dimenticata.

Non si tratta di "guarire" velocemente, come prescriverebbe la cultura della prestazione, ma di ascoltare il ritmo lento e luttuoso che la depressione impone.

Essa parla il linguaggio della notte. In questo buio, ogni tentativo di forzare la luce diventa un insulto alla profondità del processo.
Non si guarisce da un lutto per decreto, non si esce da una depressione "pensando positivo" come da una stanza chiudendo una porta.

In molte delle voci che si intrecciano in questo affresco dei laboratori, si percepisce anche la lotta contro il corpo stesso: la serotonina, gli ormoni, gli effetti collaterali dei farmaci.

Profondamente convinto dell'unità psicofisica, ritengo che il corpo e la psiche parlino insieme:
l’abbassamento chimico e la disperazione esistenziale non sono fenomeni separati, ma due volti dello stesso processo.

Non si tratta di stabilire se la depressione sia "tutta chimica" o "tutta mentale": questa separazione è falsa, creata da un pensiero analitico che ha perso la visione d’insieme.

Invito a smettere di pensare alla depressione come a un nemico da sconfiggere. 

Talvolta, il cosiddetto nemico cela una verità importante che la coscienza non osa affrontare.

La malinconia, nella sua accezione più antica, era una qualità dell’anima pensante, non un difetto da correggere.

Quando qualcuno, nel pieno del dolore, si sente dire "Cosa ti manca?", è come se gli venisse negato il diritto stesso alla propria esperienza interiore.

È come strappargli la dignità del suo dolore.

È una violenza sottile, una mancanza di rispetto per la complessità individuale.

Ogni uomo, ogni donna depressa, porta in sé una battaglia unica, una storia irripetibile.

Il compito di chi si avvicina alla sofferenza non è semplificare, né consigliare, ma accompagnare senza giudicare.

L’atto più rivoluzionario che possiamo compiere verso chi è depresso è sospendere il nostro bisogno di correggere e aprirci a una contemplazione rispettosa del suo dolore.

La depressione chiede lentezza, chiede silenzio, chiede umanità. Non slogan, ma presenza. Non soluzioni rapide, ma pazienza.

Come la terra che deve gelare prima di fiorire, l’anima in depressione si ritira non necessariamente per distruggersi, ma per trasformarsi in qualcosa che, forse, neppure noi ancora sappiamo immaginare.

(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, 2020)

#memoriediunamore
#memoriediunadolescente
#MIPLab
#guidapsicologi



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