NEURODIVERGENZA
Il cervello non è una prigione. È un labirinto senza centro.
Mi guardavano come se avessi dovuto scusarmi.
A volte la paura è solo il rumore del mondo che non ti capisce.
Me ne restavo in silenzio, le parole giuste sembravano non esistere.
Scrivo la verità:
"Non sono rotto."
Forse il difetto è nel catalogo. Ti misurano,
poi dicono che la misura sei tu.
Il caos è un dono.
Lo chiamano disordine.
Ho impiegato una vita per amare il mio caos.
Non siamo sbagliati, stiamo compensando, l'anima ha il suo passo.
Un giorno smisi di chiedermi chi sono.
***
La neurodivergenza non è un errore da correggere, ma una diversa configurazione del pensiero e della percezione. Il cervello si può descrivere come un "labirinto senza centro": non un deficit, ma una struttura complessa, non lineare, che sfugge agli schemi neurotipici.
La società spesso stigmatizza questa diversità, imponendo standard di "normalità" ("Ti misurano, poi dicono che la misura sei tu").
Il neurodivergente vive un conflitto tra l’autenticità del proprio funzionamento mentale e le aspettative esterne, portando a isolamento ("Me ne restavo in silenzio") o senso di inadeguatezza.
Ma la neurodivergenza è anche una forma di strategia adattiva: il "caos" diventa un dono, una creatività unica. Il percorso di accettazione ("Ho impiegato una vita per amare il mio caos") rivela che la diversità neurologica non è una mancanza, ma un modo alternativo di esistere.
La chiusura ("Un giorno smisi di chiedermi chi sono") segna l’auto-accettazione: la neurodivergenza non è una condanna, ma un’identità da vivere senza vergogna.
Riconoscerla significa abbandonare il paradigma del "difetto" per abbracciare una visione pluralista della mente umana.
(A. Battantier, Memorie di un adolescente, Memorie di un amore, Vale Tudo, 17 anni, Mip Lab, 4/2025)
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