PERCHÉ SE UNO MANGIA UN PO' DI PIÙ, INGRASSA TANTO DI PIÙ? (Il corpo grasso è l'ultima frontiera che la società si sente autorizzata a schernire pubblicamente senza vergogna)
Sembra una domanda da bar, ma in realtà contiene tutto il dramma della nostra epoca.
È la versione popolare della teoria dei sistemi complessi:
Piccoli input, conseguenze sproporzionate.
Come cliccare "accetto" sui cookie e ritrovarti venduto a diciassette agenzie di marketing che sanno persino quante volte vai in bagno.
Mangiamo un biscotto in più? Tre chili.
Come se il metabolismo fosse un tizio vendicativo impiegato del catasto:
"Ah sì? Hai sforato di 120 calorie? E allora multa, ingrandimento cosce, pancia a lievitazione naturale e abbonamento gratuito all'autodisprezzo!".
Un sistema di cause ed effetti totalmente irrazionale.
Il corpo umano, che ci avevano venduto come un tempio, oggi funziona più come un casinò truccato.
Entri pensando "massì, una frittatina, che sarà mai", esci tre settimane dopo a chiederti se puoi noleggiare una seconda cintura per la pancia.
E il bello è che mentre ingrassi fisicamente, ingrassi anche socialmente: lo stigma si incolla addosso più veloce della cellulite.
La cultura contemporanea, sempre pronta a svergognarti per ogni grammo in più (vedi recente body shaming a Lauren Fryer, la fidanzata di Declan Rice, insultata per il suo aspetto), ti vuole produttivo, magro, atletico e soprattutto infelice abbastanza da comprare l’ennesima app di fitness da 4,99 al mese.
È il ciclo perfetto del capitalismo affettivo: ingrassi → ti odi → spendi → ingrassi di nuovo.
Se pensi che sia una truffa, hai ragione. È letteralmente la truffa della ciccia.
E non è solo biologia: è politica, è potere. Il corpo grasso è l'ultima frontiera che la società si sente autorizzata a schernire pubblicamente senza vergogna.
La discriminazione sul peso è la palestra gratuita dei bulli ideologici: quelli che predicano l'accettazione delle diversità ma poi ti fanno pesare ogni grammo in più come se fosse un crimine contro l'umanità.
Tipo: "Ama te stesso! Epperò magari prima perdi venti chili, che così l'amore scorre meglio".
Leggi una notizia tragica? Ansia permanente.
Ricevi tre like su Instagram? Orgoglio smisurato.
Mangi mezzo panettone? Obesità da manuale DSM-VI.
Il corpo, sotto il neoliberismo, è diventato un file Excel: ogni grammo deve essere tracciato, monitorato, ottimizzato.
Nessuno vive più NEL corpo: ci si vive CONTRO, in una guerriglia quotidiana a colpi di contacalorie, bilancia, specchi, giudizi e sessioni di cardio a orari infami.
Tutto pur di farsi perdonare quell'unico, tragico, innocente biscotto o pizza (magari pure low carb) di troppo.
E mentre ti chiedi come sia possibile ingrassare così tanto con così poco, qualcuno ti venderà un altro sogno: una dieta che promette di farti dimagrire "senza rinunce", un'App che ti motiva con citazioni di Buddha, un cibo "senza zuccheri" ma pieno di sostanze dannose.
Il corpo che cambia, ingrassando o invecchiando, rappresenta una ferita narcisistica perché rompe l'immagine ideale che ciascuno custodisce di sé.
Quella forma ideale, che una volta abbiamo raggiunto o solo sognato di raggiungere, diventa il nostro "punto di partenza" psichico: il riferimento interno, il modello segreto a cui inconsciamente continuiamo a voler ritornare.
Il grasso che si deposita, le rughe che si formano, non sono semplicemente alterazioni fisiche: sono esperienze di perdita di coerenza interna tra l'immagine che avevamo di noi e il nostro presente visibile.
Il Sé profondo non è tanto interessato all'efficienza del corpo, quanto al suo significato simbolico: un corpo che si trasforma è un corpo che racconta una storia, anche se spesso una storia che la nostra coscienza fatica ad accettare.
Aggiungerei che il nostro impulso di "ritorno" non è una pura nostalgia estetica, ma una tensione dinamica verso il superamento di un sentimento d'inferiorità, reale o immaginato.
L'ingrassare o l'invecchiare male riattivano dentro di noi la sensazione di non essere "abbastanza", ecco perché lottiamo, spasmodicamente, per ritornare a quello stato originario in cui ci percepivamo forti, amabili, integri.
In definitiva, la guerra contro il nostro corpo non è mai una semplice battaglia di calorie: è una battaglia archetipica tra ciò che siamo diventati e ciò che avremmo voluto essere (Modello Ideale di Persona).
E il vero problema, non è tanto il corpo che cambia.
È l'incapacità di ascoltare il mito che il nostro corpo, anche imperfetto, continua silenziosamente a raccontarci.
Qualcuno dovrebbe davvero spiegarti perché basta un morso in più per scatenare l'apocalisse lipidica.
E poi spiegarti che forse, il problema non è il biscotto.
È il sistema che ti fa sentire in colpa per averlo mangiato.
(A. Battantier, Memorie di un amore, Mip Lab, a Diego Siracusa, 4/25)
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