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SMASCHERARE L’IPOCRISIA, COLTIVARE L’EMPATIA (L'antispecismo spiegato dai ragazzi)

Gira in rete il video della giovane allevatrice che mostra il vitellino come un simbolo di tenerezza, mentre nega la crudele separazione dalla madre e il destino di violenza che lo attende.

È un perfetto esempio della dissonanza cognitiva su cui si fonda lo specismo.

Quel vitellino, la cui vita sarà spezzata per il latte e la carne, è ridotto a merce, pur essendo un individuo senziente con legami affettivi, bisogni e desideri.

La stessa empatia che ci commuove davanti alla sua fragilità viene spenta quando si tratta di riconoscere il suo diritto a esistere al di fuori dello sfruttamento. 

Le fattorie didattiche e i racconti idilliaci sull’allevamento sono una menzogna organizzata.

Mostrano animali “felici” mentre nascondono la realtà: vitelli strappati alle madri, mucche ingravidate forzatamente, macelli insanguinati.

Si insegna ai bambini a provare empatia selettiva, ammirare la dolcezza di un animale senza mai rivelare che quell’animale sarà ucciso.

È un addestramento all’indifferenza, una normalizzazione della violenza. 

Lo specismo si regge su questa doppia morale: 

- Empatia specifica: ci commuoviamo per un gattino abbandonato, ma ignoriamo il maiale che urla al macello. 

- Natura come alibi: si invoca la “legge naturale” per giustificare l’allevamento, ma si dimentica che la natura, per l’uomo, è già stata superata dalla medicina, dall’etica, dal progresso.

Se vogliamo essere “naturali”, dovremmo accettare anche malattie e mortalità infantile, invece scegliamo solo ciò che ci fa comodo. 
 
Chi difende il consumo di carne usa argomenti contraddittori: 

1. "Gli animali sono inferiori”, ma se un cane fosse messo in una gabbia da allevamento, scoppierebbe lo scandalo. 

2. “È necessario”, ma nessun nutriente della carne è insostituibile, mentre, semmai, è insostenibile l’impatto ambientale e morale. 

3. “Non puoi imporre la tua scelta”, ma ogni giorno si impone la morte a miliardi di esseri senzienti. 

Questa dissonanza è possibile solo perché il sistema rende invisibile la violenza.

Se i macelli avessero pareti di vetro, molti smetterebbero di mangiare carne.
Ma preferiamo non guardare, delegando il dolore ad altri. 

L’antispecismo è la logica estensione dell’empatia: riconoscere che tutti gli esseri senzienti con un cuore che batte hanno diritto a non soffrire.

Non si tratta di equiparare gli animali agli umani in tutto, ma di rifiutare che la differenza di specie giustifichi la schiavitù, la tortura e l’uccisione. 

Alcuni fanno riferimento alla soggettività dell’etica, epperò occorre fare una distinzione: ciò che è soggettivo è il valore che attribuiamo alle cose, non la realtà della sofferenza. 
Se domani qualcuno sostenesse che la schiavitù è "eticamente accettabile" perché l’etica è "soggettiva", saremmo tutti d’accordo nel ritenerla una posizione inaccettabile.

Allo stesso modo, considerare gli interessi di una specie superiore a quelli di un’altra non è una questione solo di gusti personali, ma di coerenza morale. 

Come il razzismo e il sessismo, lo specismo è un costrutto culturale.

Un giorno guarderemo agli allevamenti come oggi guardiamo alla schiavitù: con orrore e incredulità. 

Cosa possiamo fare? 

1. Raccontare la verità: mostrare cosa succede negli allevamenti, smascherare le bugie delle “fattorie felici”. 

2. Sfidare le ipocrisie: chiedere a chi ama gli animali perché sostiene la loro sofferenza. 

3. Praticare coerenza: scegliere un’alimentazione cruelty-free, sostenere alternative etiche. 

C'è chi poi invoca le auto a combustione, che causano danni enormi, e infatti molti sostengono una transizione ecologica (io a Roma da più di 15 anni giro solo in bicicletta!). 
Ma questo non invalida la scelta di ridurre anche altre forme di violenza, come quella sugli animali.
Se l’inquinamento delle auto è un problema (e lo è), figuriamoci l’impatto degli allevamenti, tra i maggiori responsabili di emissioni e deforestazione.
Due battaglie giuste, non una contro l’altra.

Anzi, l’antispecismo è parte di una visione più ampia di giustizia, verso gli umani, gli altri animali e il pianeta. 

Il vitellino del video non è un prodotto, ma un individuo.
La sua tenerezza non è un contorno alla crudeltà, ma una ragione per fermarla.

L’empatia o è universale, o è ipocrisia. 

Occorre continuare a dialogare, argomentando, nella speranza e convinzione che un giorno potremo confrontarci su come allargare il cerchio della compassione, invece di difendere confini arbitrari.  

È bello mangiare qualcosa, non qualcuno.

(A. Battantier, Memorie di un amore, Memorie di un animale, Memorie di un adolescente, Mip Lab 4/24, Rm 2)

#memoriediunamore
#memoriediunadolescente
#memoriediunanimale
#MIPLab



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