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LA MIA SOLITUDINE INDICIBILE (L'unicorno triste)

A volte penso che la mia casa sia fatta di vento. Le mura tremano quando papà torna a mani vuote perché non ha fatto la giornata a manovale, e mamma si siede sul bordo del letto a guardare fuori, come se aspetta qualcosa che non arriva mai.

Io, in mezzo a loro, mi sento trasparente. Mi vogliono bene, ma il loro amore è stanco, inciampa come le gambe di mamma quando non riesce a camminare dritta.

I miei genitori li avevo immaginati diversi, un tempo. Pensavo a papà forte, con il sorriso sempre addosso con la sua camicia bella bianca e i jeans con tante tasche, e mamma che sapeva cantare la sera, senza piangere piano.

Ma il lavoro qui non c’è, si cerca e si rincorre e poi svanisce, come la sabbia tra le dita.

E mamma non sta bene, è tutto difficile.
Non ho amici veri.
A scuola sorrido, rispondo, ma tra me e loro c’è una bolla, un vetro sottile: vedo tutto, ma non posso toccare niente.

Quando mi sento troppo sola, parlo con Cuscy, il mio cuscino.
E sogno una casa dove il vento stia fuori e dentro ci sia solo un po’ di pace.

***
Immagina di avere una scatola grande, una scatola tutta tua, in cui tieni le cose più preziose: i tuoi giochi preferiti, i disegni che fai quando sei felice o quando sei triste, i pensieri strani che ti vengono in mente prima di addormentarti.

Ora immagina che, un giorno, provi a raccontare a qualcuno cosa c'è dentro quella scatola, ma le parole ti si bloccano in gola.

Non riesci a spiegare davvero cosa senti, cosa pensi.
Anche se ci provi, chi ti ascolta sembra non capire.

E allora ti senti come se quella scatola fosse diventata ancora più pesante, ancora più tua, così chiusa che nessuno, proprio nessuno, può entrarci.

La solitudine indicibile è un po' così: è sentirsi soli non perché non ci sono persone intorno, ma perché quello che hai dentro -i tuoi pensieri, i tuoi sogni, le tue paure- non riesce a uscire, a farsi capire dagli altri.

È come se avessi una lingua segreta che nessuno parla. Anche se giochi con gli amici, anche se stai in mezzo agli altri, ti porti dietro quella scatola chiusa, che pesa e che a volte fa male.

Non è una solitudine "normale", quella che senti, per esempio, quando ti mancano mamma o papà se sono lontani.

È una solitudine più profonda, che non riesci nemmeno a spiegare bene, perché magari nemmeno tu capisci esattamente da dove viene.

È come se fossi in una stanza piena di gente, ma dentro di te ti sentissi invisibile.

Certe emozioni sono così complicate che non trovano una strada per uscire.

Capita anche agli adulti.

Ma a volte basta un gesto gentile, uno sguardo attento, un abbraccio stretto per sentire che, piano piano, quella scatola si apre un pochino, e una piccola luce riesce a uscire. 

(A. Battantier, Memorie di una bambina, Memorie di un amore Mip Lab, 3/25,  Lea, 12 anni. Art by Stephen Stadif, L'unicorno triste)

#memoriediunadolescente
#memoriediunamore
#stephenstadif
#MIPLab



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