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Visualizzazione dei post da ottobre, 2025

IL DOLORE E LA FORZA DELL'AMORE (Quella di un genitore è la perdita definitiva del porto sicuro. Il sollievo è la vergogna segreta di chi sopravvive. È un diritto. La sofferenza di chi amiamo è una prigione per entrambi. La sua fine è una liberazione per il carceriere e per il prigioniero)

L'amore va coltivato con l'amore. Anche quando la vita ti spara addosso! Chiedi a tuo padre di finire le sofferenze di tua madre e poi lei muore nel compleanno di papà. Se non ridi, piangi.  L'unica risposta è strapazzarsi di coccole, finché si può. Tutto finisce, sì, certo, per la fisica si trasforma.  Epperò, intanto, quel corpo che ha dato la vita nega l'ultimo abbraccio, lasciando un vuoto che non sappiamo riempire, una voragine che ci ricorda la precarietà di ogni amore; a qualunque età non si è mai preparati abbastanza. La rabbia di non averla più, la frustrazione di sentirsi improvvisamente abbandonati, privati di "punto fermo". La sofferenza nasce dalla lacerazione di un legame. Forse quella richiesta a papà non è stata solo un gesto di pietà. Forse era l'anima che riconosceva il momento del ritiro. Mamma era già partita, il corpo era un guscio. Il suo compito era finito. Quel respiro, così pesante da emettere, così leggero da disperdersi per sem...

MIO ZIO E IL GIARDINO DELLE ILLUSIONI PERFETTE (Quella ricerca della perfezione non era un tratto caratteriale, era la sua prigione. Qual è il confine tra la ricerca della perfezione e il perfezionismo maniacale?)

L’odore della terra zuppa dopo la pioggia, misto all’aspro sentore della clorofilla appena recisa, annunciava le sue battaglie. Zio Gennaro non coltivava un giardino; lo domava. Per lui, quel quadrato di terra dietro casa non era un luogo di piacere, ma un manoscritto in continua riscrittura, un testo illeggibile che lui si ostinava a correggere con la maniacalità di un copista medievale. Ricordo ogni suo gesto come un atto di fede in un dio assente (e infatti le maledizioni si sprecavano). Gli aghi di pino, le foglie, in particolare, erano il suo nemico personale. Non le vedeva come il naturale prodotto degli alberi, ma come una sfida esistenziale, un’offesa alla geometria dell’universo. Le raccoglieva con un rastrello la cui dentatura doveva essere perfettamente allineata, in un movimento che era sempre uguale a se stesso, un andante metodico e disperato. Il fruscio delle foglie ammucchiate era il suono della sua temporanea vittoria. Le osservava, infine, bruciare in un falò ...

LA STAZIONE

La stazione è il limbo tra l’essere figli e il diventare sé stessi. Partiamo con valigie che crediamo piene di ideali, e invece sono vuote. Le ambizioni si rivelano, talvolta, cartelli sbagliati. I volti amati -la madre sotto l’orologio fermo- restano piattaforme fisse, mentre noi saliamo su treni dai finestrini opachi. Elaborare il lutto dell’adolescenza significa accettare di non sapere dove si va. Significa riconoscere i rimpianti non come fallimenti, ma come biglietti già obliterati. I sogni non muoiono, si trasformano in silenziosa dignità: il coraggio di viaggiare leggeri, con la malinconia come unica compagna di viaggio. Perché nulla della nostra storia precedente si distrugge. Si trasforma nel movimento stesso del treno che, finalmente, parte. *** La valigia era vuota. Asia lo sapeva perché l’aveva aperta e richiusa dieci volte, in piedi nel mezzo di quella stazione che non finiva mai. I binari si incrociavano sopra la sua testa, scale che portavano a gallerie che portavano ad ...

LA SVALUTAZIONE (Memorie di un bambino)

Nel tempo, la frustrazione accumulata in un clima svalutante si trasforma: diventa rabbia trattenuta, oppure aggressività esplosiva.  Oppure -in forma più gelida- si fa distacco, disidentificazione, chiusura affettiva.  Non è solo che il figlio “non ascolta” o “si allontana”: è che ha bisogno di difendersi da un ambiente percepito come emotivamente pericoloso. Svalutare un figlio non lo educa: lo divide.   Lo fa sentire solo in un mondo dove l’amore dovrebbe essere rifugio, e diventa invece giudizio. (A. Battantier, Memorie di un bambino, Mip Lab, 10/25) #memoriediunamore  #memoriediunbambino  #MIPLab 

IL PARCO GIOCHI (Chi è importante per noi ci vive sempre accanto. Con qualcuno abbiamo trascorso tanto tempo, con qualcun altro ci siamo dovuti separare troppo presto, con altri, addirittura, non abbiamo avuto nemmeno l’opportunità di scambiarci uno sguardo)

Profumano ancora, e sono ancora così colorati e vivaci come quella mattina in cui li ho comprati. Avevo deciso che non ne avrei presi tutti rosa o tutti celesti, ma di tanti colori diversi, accesi e allegri, in grado in qualche modo di spezzare la profonda tristezza di quella giornata. Mi aspettavo che oggi fossero completamente appassiti, anche perché è da un po’ di tempo che non vado più in quel giardino. Pensavo anche che non fosse giusta questa mia assenza così prolungata. Invece, questo profumo così intenso, mi ricorda che la mia presenza è sempre rimasta e che soprattutto io non ho dimenticato; ma come potevo pensare di aver dimenticato? In fondo poi, i fiori sono soltanto un simbolo, perché chi è importante per noi ci vive sempre accanto. Con qualcuno abbiamo trascorso tanto tempo, con qualcun altro ci siamo dovuti separare troppo presto, con altri, addirittura, non abbiamo avuto nemmeno l’opportunità di scambiarci uno sguardo. Io tornerò presto in quel giardino. Sembra proprio ...

QUESTO LUSSO NON MI APPARTIENE PIÙ, PURTROPPO, VIVRÀ CON ME SOLO NEI RICORDI. SE POTESSI CHIEDERE UNA COSA SOLA, IO CHIEDEREI: POSSO DORMIRE DA TE OGGI?

La paura di restare soli con il buio. È un lusso, sì, quello di sentirsi al sicuro. I ricordi sono foto sbiadite, la vita perde pezzi per strada. Ognuno ha il suo segreto, la sua miseria. La felicità è un lusso che a volte la vita ci concede. E il tuo dolore è la prova della tua capacità di provare amore. Oggi il dolore ci trasforma e lo consumiamo in solitudine. Hai imparato ad aspettare davanti a porte che non si apriranno più. Stai imparando a custodire il silenzio che resta. È lì che troverai la tua forza. Si impara a vivere con la mancanza. Come si impara una lingua straniera. All'inizio non si capisce nulla, è tutto ostile. Poi, parola dopo parola, ferita dopo ferita, si impara. E si scopre che si può vivere anche in questa nuova, aspra lingua della solitudine. C'è una goccia di pioggia su un vetro. Un gatto attraversa la strada. Un libro con la pagina che non hai voltato. È una perdita dolorosissima. E il dolore non si supera. Ora, ascolta solo il silenzio. Guarda quella...