OSSERVAZIONI SULLA SCRITTURA NELL'ADULTO DISLESSICO (l'importanza della cooperazione, affinché la correzione diventi un lavoro collettivo e costruttivo)
Spesso, quando si parla di dislessia nell'adulto, si cade in due errori opposti e ugualmente dannosi. Il primo è considerarla una mera "etichetta" scolastica, un residuo di difficoltà infantili superabili con la sola volontà.
Il secondo è vederla come un muro invalicabile, una condanna definitiva a un rapporto conflittuale con la parola scritta.
Entrambe queste visioni ignorano la natura stessa dell'atto di scrivere, che non è solo una prestazione tecnica, ma un'espressione profonda e globale della persona.
Osservando un adulto che lotta con la pagina bianca, io non vedo solo un deficit di decodifica.
Vedo un essere umano la cui "spinta vitale", quell'energia vitale che è il motore di ogni apprendimento, è stata forse intrappolata, imbrigliata da anni di frustrazione, correzioni in rosso e il sentimento di non essere "all'altezza" della cultura scritta.
Il compito, quindi, non è "ri-educare" partendo dai vuoti, ma "ri-abilitare" partendo dai pieni.
Come possiamo, allora, migliorare la performance in scrittura di un adulto dislessico?
La risposta non sta in un unico esercizio miracoloso, ma in un cambio di paradigma che integri la dimensione tecnica, emotiva e sociale.
Iniziamo da “Testo Libero”. Per l'adulto dislessico, questo non è un semplice esercizio. È un atto terapeutico. Si tratta di spostare il focus dall'ortografia perfetta al messaggio degno di essere comunicato.
L'adulto deve riscoprire che le sue idee, le sue storie, le sue opinioni hanno un valore intrinseco, a prescindere dagli errori formali.
Inizialmente, possiamo utilizzare strumenti che bypassino temporaneamente la barriera grafemica: dettatura a un compagno, a un software di riconoscimento vocale, o l'uso di registratori.
L'obiettivo è far fluire il pensiero senza il filtro paralizzante dell'ansia da errore. Solo dopo che il contenuto ha preso forma, si potrà passare alla fase di revisione.
Oggi, per dare concretezza e dignità sociale alla parola dei bambini (e adulti) dislessici, ci sono strumenti compensativi digitali. Questi non sono un "trucco" o un ingiusto vantaggio. Sono protesi cognitive che livellano il campo di gioco, esattamente come gli occhiali per un miope.
Software di sintesi vocale permettono di riascoltare ciò che si è scritto, cogliendo incongruenze e errori che l'occhio, da solo, fatica a vedere.
Correttori ortografici specializzati (con dizionari personalizzabili) e predittori di parole non sono un "imbroglio", ma una forma di dialogo con l'intelligenza artificiale che supporta il processo.
Mappe concettuali digitali aiutano a organizzare il pensiero in una struttura visiva e non lineare, molto più congeniale a molti cervelli dislessici, prima di affrontare la scrittura lineare del testo.
Abituare l'adulto a usare questi strumenti con disinvoltura e senza vergogna significa restituirgli il controllo sul mezzo scritto.
La vergogna nasce nell'isolamento. Occorre insegnare il valore della comunità che apprende.
Creare un "consiglio cooperativo" in un contesto di formazione per adulti (o anche solo trovare un partner fidato, un tutor, un gruppo di pari) è fondamentale. In questo spazio, il testo non viene giudicato per i suoi errori, ma ascoltato per il suo significato.
La correzione diventa un lavoro collettivo e costruttivo: "Qui ho faticato a capire, puoi riformulare?", "Questa parola è potente, come potremmo assicurarci che sia scritta correttamente?". Si passa da un giudizio sul sé ("Sei sbagliato") a un'analisi sul prodotto ("Questo passaggio può essere migliorato").
La valutazione deve essere sempre ancorata a criteri chiari e condivisi, che premiano lo sforzo, il progresso e la chiarezza del messaggio, non la mera perfezione formale.
La scrittura non è solo un'attività cerebrale. È un atto fisico. Per l'adulto che ha associato la penna alla fatica e al fallimento, è utile riconnettere la scrittura al corpo e ai sensi.
Esercizi di psicomotricità fine, l'uso di tastiere ergonomiche, la scrittura su grandi fogli, persino l'uso del disegno per abbozzare idee, possono sciogliere le tensioni fisiche ed emotive che bloccano il gesto grafico.
Migliorare la performance in scrittura di un adulto dislessico non significa addestrarlo a commettere meno errori. Significa accompagnarlo in un viaggio di riconquista della propria voce.
Si tratta di smantellare, mattone dopo mattone, il muro di ansia e di bassa autostima che gli anni hanno costruito. Significa offrirgli un metodo, non imporglielo. Significa dargli strumenti, non colpe.
La performance migliorerà non quando l'adulto scriverà senza errori, ma quando riuscirà a dire:
"Ho qualcosa di importante da dire, e so come fare per dirlo, nonostante le mie difficoltà".
In quel momento, la scrittura cesserà di essere un campo di battaglia per diventare, finalmente, una casa in cui abitare.
Il metodo diviene allora anche un patto di fiducia tra l'educatore e la vita che pulsa in chi apprende.
(A. Battantier, Memorie di un adolescente, Memorie di un bambino, Memorie di un amore, Mip Lab, 2020)
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