Nel mio paese le casette si stringevano l'una all'altra come vecchie comari dai colori sbiaditi.
I vicoli serpeggiavano tra le abitazioni come nastri stretti, e a ogni angolo c'era un pezzo della mia infanzia che mi osservava, nascosto tra le ombre e gli odori antichi.
La salita per arrivare a casa mi faceva sentire parte di un mondo antico che non esiste più, se non nei miei ricordi.
Le anziane si sedevano davanti alle loro case, con gli occhi attenti e le mani laboriose.
Guardavano passare i forestieri e domandavano: "Di chi sei fìo?".
Era un modo per tenere insieme il filo sottile della memoria collettiva, per mantenere viva la storia del paese attraverso i volti e le parentele.
Sembrava che non ci fosse nessuno eppure ti sentivi osservato.
Mia madre sapeva sempre dove fossi a far marachelle (sotto Porta da Piedi, alle cascatelle, a Grotte Franca, a Piscia cavallo, alla scorciatoia del campo per la Bescina).
Era una sensazione strana, come se gli spiriti dei vecchi tempi abitassero ancora quei luoghi, silenziosi ma presenti, pronti a giudicare e accogliere chiunque si avventurasse per quelle stradine.
I vicoli erano il nostro regno. Giocavamo fino a notte fonda, le risate risuonavano tra le mura e i passi veloci riecheggiavano come tamburi di un tempo lontano.
Ci bastava poco per passare il tempo: una pallina, un tombino piccolo che, se lo alzavi, rivelava un buco perfetto per un gioco di abilità (Borgo S. Antonio, poi c'era la buca perfetta vicino Porta da Piedi).
Le palline rimbalzavano, cadevano, si perdevano e si ritrovavano, come le storielle che ci raccontavamo sempre più inaudite.
Quando ritorno, mi perdo nei vicoli. Ogni volta è un viaggio diverso, emozioni e memorie mi avvolgono e mi guidano a perdermi.
Mi ritrovo gli odori di un tempo, le noccioline e le olive da Orlando o Fusaiaro (i bruscolini quando non avevi i soldi), il profumo della terra bagnata del campo sportivo che più non c'è, il torneo dei rioni, la fontana, la banda, il sapore del pane fresco, il lavatoio, l'eco di voci care.
Oggi, il mio paese lo guardo con occhi diversi.
Non posso evitare che una lacrima nascosta scenda dentro di me, silenziosa e discreta, una vecchia amica torna a trovarmi.
È la nostalgia che mi abbraccia, un misto di amore e malinconia, un legame indissolubile con un passato che non torna più, ma che vive in ogni angolo, in ogni pietra, in ogni respiro di queste strade antiche.
Nel mio ormai raro vagare per il paese, ritrovo me stesso.
Ogni volta è un incontro nuovo, un dialogo con il bambino che fui e l'uomo che sono diventato.
Mentre cammino, sorrido dei ricordi buffi, delle cazzatelle con gli amichetti di allora e dei giochi, consapevole che, nonostante tutto, il mio cuore appartiene ancora a quei giorni spensierati e a quelle casette che hanno visto crescere generazioni intere.
(A. Battantier, Memorie di un amore, memorie di un bambino)
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