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Visualizzazione dei post da settembre, 2024

UNA CAGNOLA SOTTO LE FOGLIE

Pimpa Pollo era una cagna con l’animo di un’artista, e io non lo capii subito.  Ci misi del tempo, forse anche troppo, per realizzare che la sua insistenza nel nascondersi non era solo un gioco, ma un vero e proprio scambio d'amore.  L’autunno era la sua stagione preferita, il momento in cui diventava un'altra, come se quel manto di foglie dorate la richiamasse a qualcosa di ancestrale, di intimo.  Aveva un approccio sublime alla preparazione: non le bastava trovarsi un mucchio di foglie e sprofondarci dentro, no, doveva costruire, pezzo per pezzo, il suo rifugio perfetto. Dopo che le prime foglie iniziavano a cadere, Pimpa usciva nel giardino della campagna e cominciava a spostarle con il muso, con una pazienza che mi sorprendeva ogni volta.  Non si stancava mai, trascinava una foglia dopo l’altra, facendosi strada con piccoli colpi di zampa, fino a creare un piccolo monte, una specie di tana dorata.  Se mi avvicinavo per vedere come procedeva, mi lanciava uno ...

L'AMORE DI COPPIA (Il caso, i Beatles e il diagramma di Ishikawa: i piccoli elementi che, apparentemente insignificanti, accumulandosi, portano al disastro)

L’amore è un’illusione che ci fa sentire meno soli, ma allo stesso tempo ci getta in una condizione di vulnerabilità.  La leggerezza dell’amore, come una piuma al vento, può sembrarci inizialmente liberatoria, ma è anche il preludio alla caduta.  Penso spesso a come le piccole cose – un silenzio troppo lungo, una parola non detta, bugie bianche, grigie e nere, abitudini che schiacciano il bisogno di cambiamento– possono trasformarsi in crepe.  Eppure, l’amore che facciamo, nella sua più ampia accezione, sembra davvero determinare quello che riceviamo.  Qui entra in gioco il senso della canzone dei Beatles, “The End”. L’amore che ricevi è uguale all’amore che fai.  Ma davvero? Se fosse così semplice, ogni rapporto amoroso sarebbe un allineamento perfetto tra dare e ricevere, senza incomprensioni.  Forse, non è tanto l’amore che si dà o si riceve, quanto la qualità di quel dare.  Quale comunicazione si cela dietro ogni gesto? Quanto profondamente siamo c...

AND THEN I SEE A DARKNESS. LA SOLITUDINE (tutte le relazioni sono legate da fili sottili)

Le notti di solitudine anche quando sei con gli amici. È questo il punto. La solitudine non è mai una questione di quante persone ti circondano.  È una questione di quanto l’oscurità si insinua nella tua testa, si impadronisce del tuo cuore.  Hai amici, sei uscito a bere con loro, hai parlato, ma nessuno ha mai notato quella merda nera che ti ronza nella mente. Gli altri non vedono perché anche loro sono persi, forse.  La solitudine è più di un semplice vuoto o una bevuta per riempire una notte. C'è questa costante tensione tra l'amore e l'oscurità, una battaglia tra la volontà di aprirsi all'altro e il peso dell'esistenza che ti butta giù.  E l'amore non sempre ti salva, forse nelle più romantiche illusioni.  È il disperato appiglio per un'anima che vede la propria fine, il proprio abisso interiore.  "Lo sai quanto ti amo?"  Non è solo una dichiarazione di affetto, ma un grido di aiuto.  L'amore diventa un'ancora per evitare il naufragio d...

IL PORTO DI CIVITAVECCHIA (ancorati l’uno all’altra)

Sotto la pioggia fioca si sentivano i passi sordi di due vecchie scarpe che affondavano nei ciottoli umidi del porto di Civitavecchia.  Le ombre delle barche si allungavano sulle loro figure, sottili e fragili. Lui, con la schiena curva e le mani infossate nelle tasche, fissava il mare, tentando di trovare nelle onde qualche ricordo che potesse spiegargli il perché di quel ritorno.  Lei, di fianco, camminava più leggera, come se già sapesse tutto, ma non volesse dirlo.  Era strano per lui: come era possibile che dopo cinquant'anni di vita insieme, ancora ci fosse qualcosa che gli sfuggiva di quella donna? "Cristo, non serve capire. Basta essere lì, accanto a lei, e tenere duro."  Così lui si limitava a seguirla, zoppicando leggermente, il sapore dolce amaro della liquirizia ancora in bocca.  Poi sgranò gli occhi d'improvviso, il suo solito tic, come un corto circuito allorquando i pensieri discordi si scontravano nel suo cervello. Lei non disse nulla, ma lui sa...

QUESTO È IL MIO COMPITO (Finché ci saranno boschi e cinghiali da difendere, io sarò lì)

“Gli animali non possono parlare, ma come possiamo io e te non parlare per loro e astenerci dal rappresentarli? Ascoltiamo, noi tutti, il loro silenzioso pianto di agonia e aiutiamo quel pianto ad essere ascoltato nel mondo” (Rukmini Devi Arundale) Mi chiamo Gian Maria e ho nove anni. Vivo in una casa che dà sul bosco. Le persone dicono che ho i capelli troppo lunghi per essere un maschio. Io rido perché non capiscono: i capelli non fanno una persona. Avevo tre anni e wuel giorno, alla mensa dell’asilo, mi hanno dato una polpetta. Non sapevo che cosa ci fosse dentro, ma sentivo un rumore nella testa, come il grido di un animale. Mi è sembrato un pianto lontano, uno di quelli che si nascondono sotto la pelle e si mischiano al sangue.  Ho smesso di mangiare carne quel giorno, anche se la maestra mi ha detto che i bambini devono mangiare tutto, che “è normale e che sennò sono storto”. Ma io non voglio essere normale se normale è mangiare animali morti. Il bosco è la mia casa.  Ci...

TI DEDICO IL SILENZIO (E l’amore non è mai puro)

Un'umanità intrappolata nella ricerca del tempo e del senso della propria esistenza.  L'ansia dell'individuo moderno, pervaso da una sensazione di mancanza e incompiutezza:  “È da tempo che lo cerco questo tempo che mi manca”.  Cerchiamo di colmare la sensazione di vuoto attraverso il tempo, una costruzione della mente, che però ci sfugge continuamente. Il tempo, sia esso mentale o cronologico, non può risolvere il problema della nostra sofferenza o solitudine.  Quando cerchiamo l'amore nel futuro, nell’attesa di un momento ideale, ci stiamo allontanando dall’amore stesso.  L’amore esiste nel presente.  Un uomo cerca disperatamente un motivo per sentirsi vivo, ma non si rende conto che questo motivo non si trova fuori di sé, né nel passato né nel futuro, ma solo nel momento in cui si è totalmente presenti. L'idea di cercare "un motivo per sentirmi vivo" è un’illusione autoimposta.  È la mente che crea il conflitto, ponendo la vita come qualcosa che ha ...

WHY DOES IT TAKE A DISASTER FOR THINGS TO CHANGE? (Ma non basta la comunicazione? No!)

Perché serve un disastro per far sì che qualcosa cambi? L'uomo vive in una rete di illusioni. Ogni giorno si rifugia nel conosciuto, nel familiare. La sicurezza di ciò che è stato e ciò che è attualmente è come una droghetta che lo intorpidisce, lo culla in una falsa pace.  E in questa prigione costruisce le sue relazioni, i suoi amori, i suoi scopi.  Cambiare in modo radicale significherebbe mettere in discussione tutto questo.  E chi, se non spinto dal dolore, sarebbe disposto a farlo? È come quando l'amore si trasforma in una prigione e non ci si rende conto di essere prigionieri finché la cella non si sgretola intorno a te. Ci si abitua alle crepe, agli scricchiolii, si ignora il crollo imminente, sperando che il giorno seguente porti con sé la riparazione. Ma l’edificio cade, e solo allora si comprende che la casa in cui si viveva era già distrutta molto prima. Le crepe dell'esistenza non sono visibili all'occhio comune. Il pensiero, con il suo incessante ronzio, ...

LA VERITÀ

Hai mai pensato a quante volte cerchiamo di scalare una montagna, per poi fermarci al primo ristorante? Ci illudiamo di andare lontano, ma ci fermiamo appena incontriamo una comoda distrazione. È la natura dell’uomo quella di cercare scappatoie. La mente è costantemente in fuga, mai veramente radicata nel presente. Ci fermiamo a un ristorante non per fame, ma per evitare la fatica del viaggio. E non è solo una montagna fisica, ma un viaggio interiore che evitiamo.  L’amore, la verità, sono montagne che ci spaventano. Alle volte mi sembra che la paura sia sempre al centro di tutto. L’idea di scomparire, di finire, come dice la canzone.  È la paura della morte, ma è anche la paura di cambiare, di rinunciare a quelle poche cose che ci tengono ancorati a un’idea di noi stessi che nemmeno ci appartiene più. La paura è il motore principale, ma è una paura che nasce dall’ignoranza. Non conosciamo noi stessi, e così ci aggrappiamo a ciò che è familiare, a ciò che è sicuro.  Bruno...

L’AMORE E LA VANITÀ (Parte seconda: La ricerca di un Sé mancante)

È un meccanismo sottile che abbraccia il bisogno di essere visti e ammirati come fosse una condizione imprescindibile per esistere.  Il legame tra vanità e amore per se stessi è complesso, spesso ambiguo, e lo scambio tra questi due poli è talvolta confuso, nascosto dietro il desiderio disperato di conferme. La vanità, come molti altri tratti della personalità, è un sintomo di qualcosa di più profondo: la ricerca di un Sé mancante.  La domanda che pone Tiziana Alberti "quante mancanze potrebbe aver subito una persona così suscettibile alla vanità?", richiama inevitabilmente la questione dell'infanzia e del nostro primo incontro con lo sguardo dell'altro.  Nell'infanzia, il nostro Sé si struttura in gran parte in funzione dell'altro, che sia il genitore, il caregiver o chiunque ci sia stato accanto nei nostri primi anni.  È attraverso lo sguardo altrui che iniziamo a riconoscerci, a capire chi siamo, e a sentirci amati o amabili. Se, però, quello sguardo prima...

L'AMORE E LA VANITÀ (L’amore non è fatto di apparenza ma di verità)

Amare ed essere amati, la ricerca dell'equilibrio divino che ci illude, facendoci credere che tutto possa essere risolto sempre nella reciprocità di un sentimento.  Ma amare, e ancora di più essere amati, non è mai questione semplice.  E se dietro l’amore si nasconde l’apparenza, la vanità, l’ombra della paura di non essere abbastanza? La vanità si nutre del nostro bisogno di apparire, di essere ammirati, di essere guardati.  E basta che qualcuno ti guardi, che ti faccia sentire visibile, prezioso, e arrivi a fare qualunque cosa. Fino a vendere la dignità. È un inganno sottile, quello della vanità, perché si traveste d’amore.  Ma non è amore. La vanità prevede un’ammirazione incondizionata, un pubblico privato silenzioso che applaude, senza mai mettere in dubbio ciò che vede.  Si perde la realtà delle cose, delle emozioni, nella costante ricerca di quell’approvazione che diventa essenziale.  Ma in quel processo si perde se stessi.  Apparire diventa più...

MENTIRE A NOI STESSI

“Colui che mente a sé stesso e dà ascolto alla propria menzogna arriva al punto di non saper distinguere la verità né dentro se stesso, né intorno a sé e, quindi, perde il rispetto per sé stesso e per gli altri.  Costui, non avendo rispetto per nessuno, cessa di amare e, incapace di amare, per distrarsi e divertirsi si abbandona alle passioni e ai piaceri volgari e nei suoi vizi tocca il fondo della sua bestialità, e tutto questo a causa dell’incessante menzogna nei confronti degli altri e di se stesso.  Colui che mente a sé stesso è più suscettibile degli altri all’offesa.  Offendersi a volte è molto piacevole, non è vero?  Eppure egli sa che nessuno gli ha arrecato offesa, ma che egli stesso si è inventato l’offesa e ha mentito per mettersi in mostra”. (Fedor Michajlovic Dostoevskij, I fratelli Karamazov. Art by Stephen Stadif) #memoriediunamore  #stephenstadif  #fedordostoevskij 

VANIDDUZZA: HO VISTO UNA PECORA VOLARE

C'era una volta una pecora, con la testa china a brucare l'erba verde dei pascoli, immersa nel quieto rumore del vento tra i fili d'erba.  Epperò questa pecora aveva un segreto: fin da agnellina aveva preso a guardare il cielo, sempre di più.  Si chiamava Vanidduzza, e non c’era nulla che amasse più delle altezze, delle nuvole che si rincorrevano nel blu, delle stelle che pulsavano di notte. Da quando aveva memoria, Vanidduzza osservava il cielo con una passione che non sapeva spiegarsi.  Mentre il suo gregge si muoveva ordinato attraverso i prati, lei restava indietro, lo sguardo fisso su un piccolo punto bianco che danzava tra le nuvole più grandi.  Era una nuvoletta minuta, evanescente, che sembrava non seguire mai il vento ma piuttosto vagare libera, senza una meta precisa.  Vanidduzza l'aveva notata in un giorno qualunque, e da quel momento non aveva più smesso di cercarla. Col passare delle tempo, la sua ammirazione per la nuvoletta si trasformò in un amor...

SEGNALI

Non è facile stabilire dove finisca il lutto e inizi la memoria, quando il dolore si trasforma in una presenza silenziosa, dispersa negli angoli più banali e quotidiani dell'esistenza.  Per anni ho vissuto nell'assenza di mio padre, un'assenza che aveva la densità del piombo, un peso che mi costringeva a camminare china, come se ogni giorno ci fosse un'ombra che mi accompagnava.  Ma quest'ombra, lentamente, si è trasformata in qualcos'altro. Ho smesso di cercarlo nel volto degli altri uomini, nei gesti che non appartenevano a nessuno.  Ho capito che il padre che cercavo non esisteva più, si era dissolto nel mondo.  Eppure non era scomparso. Lo ritrovavo nei posti più impensati, come se fosse lì, frammentato in piccole parti che aspettavano di essere ricomposte. Anni di silenzi, di mancanze che sembravano non avere mai fine.  Il silenzio di una casa vuota, di una tavola senza un altro coperto, di un telefono che non squilla mai.  Il lutto è fatto di spazi vu...

L'AMORE DI COPPIA È, ALLA SUA RADICE, UN TENTATIVO DISPERATO DI COMUNICARE (È davvero possibile essere completamente trasparenti?)

Immagina una coppia in una stanza semibuia, la luce entra fioca da una finestra con le tende socchiuse, un poco rovinate e riparate alla buona. È un momento di silenzio apparente, quel tipo di quiete che arriva dopo un temporale emotivo, quando le parole sono state scagliate come pietre e ora giacciono pesanti nell’aria.  Il silenzio tra di loro è molto più profondo di quanto sembri.  Non è solo assenza di rumore, ma una distanza accumulata, costruita strato su strato con incomprensioni, aspettative tradite e parole non dette.  L'amore di coppia è, alla sua radice, un tentativo disperato di comunicare.  In questo silenzio, ciò che si nasconde è l’amore in tutte le sue forme.  Forse, un tempo, è stato Amore Romantico, fatto di passione e intimità, quell’amore che promette di essere tutto, di abbracciare ogni sfumatura del desiderio e della comprensione.  Ma col tempo, la passione si è consumata, lasciando spazio a qualcosa di più tenue, un legame che somigli...

DIO È MORTO? SÌ, DA MO' (È superfluo il ricorso a Dio per spiegare la realtà. La morte di Dio non è una fine, ma un inizio: l’inizio della possibilità per l’uomo di diventare egli stesso creatore di significati, artefice del proprio destino e dei propri valori)

L’affermazione “Dio è morto” rappresenta uno dei concetti più noti e fraintesi del pensiero di Friedrich Nietzsche. Per comprendere questa dichiarazione è necessario contestualizzarla nel quadro del pensiero nietzschiano e del suo rapporto con la modernità, la scienza e la libertà del pensiero. Nietzsche non sta parlando della morte di una divinità in senso letterale, poiché non avrebbe mai accettato l'idea di un Dio reale in primo luogo.  Dio, per Nietzsche, è una metafora per rappresentare l’insieme di valori assoluti e trascendentali che per secoli hanno governato la morale e il pensiero umano, specialmente in Occidente.  La morte di Dio, dunque, segna la crisi di questi valori, che per Nietzsche sono il prodotto di una lunga tradizione metafisica, religiosa e morale che ha soffocato la libertà individuale e il pieno dispiegarsi della volontà di potenza. Con l’avanzare del pensiero scientifico e razionale, le fondamenta su cui si reggevano le credenze religiose tradizionali...

LA STRADA

C’è una stanchezza senza nome che si posa sul cuore. Le passioni non prevedono mappe, non servono mica ad indicare la strada.   Ci sporgiamo agli angoli cercando l’ignoto, non sapendo dove ci attendono gli abissi. Eppure andiamo, con la speranza fragile e assoluta tra le mani, senza più voltare il viso a quel che è già stato.   In avanti, sempre in avanti, fermarsi ora è cadere. (A. Battantier, Art by Stephen Stadif)

MARE INCRESPATO

Lascia scorrere ogni parola, come pioggia sul mare increspato, nella luce che precede il buio, nel buio che precede la luce.  (A. Battantier, 2010)