Di fronte al bivio, cosa scegliere? Seguire la strada verso il "so di non sapere"? O quella del "penso dunque sono, ovvero esisto?"
La vita ci pone continuamente di fronte a bivi, incroci invisibili dove le strade si biforcano, dove una scelta deve essere fatta, anche quando l'illusione della stasi ci conforta.
Davanti a quel segnale intriso di significati ambigui, conforti (e di nessun conforto), in conflitto tra loro, io ripenso ai discorsi fatti con Millo al liceo: meglio Socrate o Cartesio?
Cartesio, con la sua impalcatura razionale, ci offre una sicurezza che il pensiero può trasformare il mondo, che il dubbio metodico ci protegge dall'inganno, che c'è un senso preciso in questa vita, una formula segreta nascosta "solamente" da scoprire.
Uno ci prova, riprova, si ferma, riparte.
Del resto, chi ha detto che sarebbe stato facile?
Cartesio ci consegna l'idea che la ragione sia la nostra ancora, il nostro scudo contro l'infinito caos che ci circonda.
Epperò, c'è un'ombra che si allunga sotto quella certezza.
È l'ombra del dubbio che si fa troppo presente, dell' "infinito possibile" che si spalanca davanti a noi non appena ci convinciamo di aver afferrato il significato ultimo delle cose.
E allora? È lì che ci si chiede: e se l'essere fosse solo un fragile riflesso del pensiero?
Un'immagine distorta di una mente troppo ingombrante?
E poi c'è Socrate, con il suo "so di non sapere". Una frase che è un atto di coraggio.
Socrate ci invita a lasciarci andare, ad abbracciare il dubbio non come una debolezza, ma come una forma di saggezza.
Non è un invito alla rinuncia, ma una spinta verso la scoperta di una verità che tanto non potrà mai essere completamente posseduta.
Per Socrate, la verità non è un oggetto da afferrare, ma un percorso, un cammino fatto di domande e di dialoghi che non trovano necessariamente una conclusione definitiva.
C'è una tentazione, in ogni bivio, di cercare la via più facile, quella che sembra offrirci risposte immediate (e magari pure definitive).
Ma la vita, ahimè non è fatta di risposte semplici.
È un garbuglio di sensi e significati che si sovrappongono, si dissolvono, si riformano.
E allora?
La certezza o il dubbio? L'arroccarsi nelle sicurezze o l'aprirsi all'incertezza?
Mi fa stare meglio sapere che non sapremo mai tutto, ma che vale comunque la pena pensare, riflettere.
E va be', non sarà mai possibile afferrare l'infinito, l'importante è non smettere mai di cercare, di porsi domande, di lasciarsi trasportare, verso ciò che potrebbe esserci al di là.
(A. Battantier, Memorie di un adolescente)
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